Conte, da avvocato a premier: l'ascesa del presidente e la sua rete trasversale tra cardinali, 007 e il partito romano

Da Vecchione a Parolin in Vaticano, da Arcuri alla Cisl: così l’avvocato è diventato uomo di raccordo. Deciderà all’ultimo minuto se alludere, nel discorso in Aula, alla creazione di una sua forza politica
18/01/2020 Roma, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte interviene alla Camera sulla crisi politica.
18/01/2020 Roma, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte interviene alla Camera sulla crisi politica.

ROMA Quei pochi che hanno parlato con lui nelle ore che precedono il discorso più importante della sua vita, raccontano tutti la stessa cosa: Giuseppe Conte è «in palla», è «sicuro di farcela», ma non ha ancora deciso su un dettaglio che potrebbe rivelarsi decisivo: inserire o no, nel suo discorso alla Camera di oggi, un passaggio che faccia a capire a tutti che lui, da ora in poi, è in campo. Che lui è pronto a guidare, un domani, un vero e proprio partito. Non un’effimera lista elettorale.

Finora di questa prospettiva hanno sempre parlato i giornali, ma lui nei pourparler informali e nelle dichiarazioni pubbliche è sempre stato attentissimo a non lasciare spiragli. Smentendo impegni in prima persona che potrebbero irritare non poco i partiti-guida della coalizione.

Ma stavolta indicare, sia pure con una perifrasi, un orizzonte servirebbe – così gli hanno spiegato i maghi delle alchimie parlamentari – per convincere gli onorevoli ancora titubanti: il partito di Conte diventerebbe un approdo accogliente per tanti in cerca di domicilio politico. «Poco ma sicuro: dal giorno dopo sarebbe una slavina verso Conte e i suoi gruppi parlamentari», confida (dietro richiesta di anonimato) uno dei parlamentari “coperti”. Ecco perché in queste ore Conte sta cercando l’espressione “giusta”, quel dire e non dire che consentirebbe di riaccendere una speranza a tanti parlamentari che a fine legislatura sarebbero condannati all’addio alla politica. Conte è incerto perché si chiede e chiede: Di Maio e Zingaretti come reagirebbero?

In buone parole, un Conte alle prese col suo “Comma 22”, quella situazione paradossale nella quale si profilano diverse possibili scelte, ma sono solo apparenti, perché in realtà, l’opzione possibile è una sola. Un circolo vizioso? Il presidente del Consiglio deciderà all’ultimo minuto cosa dire e non dire, ma se aprisse uno spiraglio sulla sua salita sul ring elettorale, l’effetto sarebbe immediato. E andrebbe molto oltre l’orizzonte parlamentare: darebbe un porto sicuro e improvvisa solidità ai tanti rapporti fluidi, avviati in questi ultimi tempi con tanti poteri, più o meno forti che operano nella capitale. Darebbe una risposta alla domanda che la Roma che conta si chiede da mesi: ma i buoni rapporti che Conte intrattiene con tanti diventano o no partito?

Nei due anni e mezzo trascorsi a Palazzo Chigi Giuseppe Conte ha intrecciato rapporti non episodici, ma neppure organici con tutti i segmenti dell’eterno “partito romano”, quello che si muove lungo l’asse Servizi-grandi aziende partecipate-Vaticano-grandi boiardi-sistema dell’informazione-Confindustria e sindacati-Procura di Roma. Dall’epifania del 2018 ad oggi, Conte ha sapientemente consolidato alcune colonne del potere reale. Ha nominato (ai tempi del governo giallo-verde) alla guida dei Servizi il generale Gennaro Vecchione, capo del Dis e oramai è la personalità di maggior fiducia di Conte.

Nel mondo delle grandi partecipate negli ultimi mesi sono fioriti, dal nulla, diversi “contiani”: lo sono diventati l’ad di Poste Matteo Del Fante (che era renziano), il presidente di Enel e il brindisino Michele Crisostomo. È vicinissimo al governo il presidente di Cassa Depositi e prestiti Fabrizio Palermo, mentre è un amico del presidente del Consiglio il nuovo capo dell’Anticorruzione, Giuseppe Busia. E ovviamente è uomo oramai legato a doppio filo con Conte, il commissario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri. Letteralmente “incollato” ad Invitalia dai tempi del governo Prodi, oramai isolato nel nuovo contesto politico, Arcuri è rinato con la chiamata di Conte.

Certo, Conte ha stretto rapporti, ma non ha ancora messo le radici. Sino all’estate del 2018, sino a quando ha frequentato Roma ad intermittenza, le finestre dell’avvocato Conte sulla città eterna erano due e senza un gran “vista” sul potere vero. Anzitutto lo studio legale guidato da Guido Alpa, il giurista che è stato il suo mentore, ricco di relazioni e di clienti significativi e che negli ultimi mesi, come capitato in passato ad altri Studi, ha allargato il proprio giro anche per luce riflessa. L’altra finestra su Roma del “giovane” Conte, sia pure di una stagione lontana, era Villa Nazareth, il collegio universitario nel quale il futuro presidente del Consiglio ha conosciuto a suo tempo Pietro Parolin, oggi Segretario di Stato del Vaticano. Ma in questa fase Parolin vive un rapporto difficile col papa e in ogni caso, nell’era di Francesco, tutti i leader politici italiani hanno capito che godere canali speciali con alcuni cardinali non è più un valore aggiunto come nel passato. E anche se Francesco non si scopre, Oltretevere assicurano che tutto quello che porta stabilità nella politica italiana, è benvisto.

E quanto ai rapporti con le parti sociali, tra Conte e Maurizio Landini si è creata una buona “chimica”, anche se un partito di Conte promette di avere un rapporto speciale con la Cisl. Con la Confindustria del nuovo presidente Carlo Bonomi il rapporto non è mai stato idilliaco, ma in questi ultimi giorni il messaggio arrivato a Palazzo Chigi è stato inequivocabile: «La crisi deve essere risolta il prima possibile». –

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