«Console e Cavalli nel 2008 erano già il terrore di Roiano»

La banda di Roiano. Era chiaro fin dal luglio 2008 quali fossero i “riti” e i “metodi” adottati dal gruppo di giovani di cui era leader e capo indiscusso Giuseppe Console, l’assassino assieme ad Alessandro “Tex” Cavalli di di Giovanni Novacco. Coltelli puntati alla gola, minacce di morte e incursioni notturne. Trattamenti persuasivi per dimostrare chi comanda: Beppe da Roian o meglio Beppe Riina. Che ieri sarebbe dovuto comparire davanti al gip Laura Barresi per rispondere assieme a “Tex” Cavalli dell’incendio appiccato al garage di proprietà della nonna di Lorenzo Gioseffi, un “nemico” della banda, “reo” di non essersi mai voluto sottomettere ai voleri di Beppe da Roian e della sua gang. E che ieri è stato rinviato a giudizio assieme a “Tex” dal gip Barresi. Il giudice ha accolto le richieste del pm Maddalena Chergia e fissato l’udienza per il prossimo 4 novembre. Erano presenti gli avvocati Maria Genovese per Alessandro Cavalli, Giulio Quarantotto in sostituzione del collega Paolo Bevilacqua per Console e Andrea Frassini come parte civile per Lorenzo Gioseffi. Il box era stato danneggiato il 12 gennaio 2009. Era stato Gioseffi a denunciare per primo le azioni, le bravate della banda di Roiano e si era presentato agli investigatori indicando Console e Cavalli come autori di un’impressionante serie di reati. Gioseffi non si era sottomesso alle prevaricazioni del gruppo e si era presentato agli inquirenti denunciando Console e Cavalli. Violenze, minacce, lesioni, associate a inseguimenti per le strade di Roiano e Gretta, fughe, sassate, esibizioni di coltelli e tirapugni in metallo. «Chi si mette contro di me fa una brutta fine, il mio istruttore è un poliziotto, possiede una pistola e me la presterebbe se ne avessi bisogno», aveva “promesso” Giuseppe Console.
E Gioseffi - che di questa vicenda non ne vuole più sapere - era uno che si era messo contro la banda. Ieri in aula c’era il padre Franco. Dopo l’udienza ha raccontato gli incubi del figlio finito nel mirino di Console, Cavalli e dei loro amici. Ha parlato di paura. Ha riferito di una quindicina di episodi di danneggiamenti e aggressioni. Incendi, sfregi alle auto e poi minacce, tante minacce. Tali da rendere impossibile la vita di un ragazzo di 19 anni. Una persecuzione, nata, così si racconta in giro da una battuta sulle scarse conoscenze erotico-sessuali di Giuseppe Console. Tutto era nato dalla visione di una cassetta con un film pornografico. Il gruppetto era composto da Console, Cavalli e gli altri della banda. E c’erano anche Gioseffi e altri giovani. Pare che Console avesse fatto una gaffe involontaria che - durante il film a luci rosse - aveva suscitato l’ilarità dei presenti. C’erano state delle battute da “caserma” e Beppe da Roian non l’aveva presa molto bene. Anzi si era offeso a morte giurandola a Gioseffi, ritenuto uno degli sbeffeggiatori. Racconta il padre Franco: «A Roiano c’è ancora la scritta “perdente” su un muro che fa riferimento a mio figlio». Era l’avvertimento, prima della vendetta. Dice ancora Franco Gioseffi: «Console doveva dimostrare di non aver paura, che era un capo. Per questo è andato sempre avanti. E non si è fermato di fronte a nessuno».
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