Consiglio comunale, il bilancio. Omero colpisce la Brandi lanciando il plico degli emendamenti. "Ora lo denuncio"
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Fabio Omero (Pd)
TRIESTE
. Fra una settimana, il 24 febbraio, sarà trascorso un ventennio esatto dalla scomparsa di Sandro Pertini. È stato il presidente del mondiale di calcio di Spagna vinto dall’Italia nel 1982, certo, e chi se lo scorda mentre esulta allo stadio con la sua pipa. Ma Pertini è stato, anche e soprattutto, il presidente-partigiano. Il Capo di Stato dell’Italia repubblicana eletto 33 anni dopo la morte di Mussolini e la fine del fascismo. Il suo fantasma è stato scomodato ieri sera in Municipio per una commemorazione che ha scatenato - e a sorpresa - una delle pagine meno nobili del Consiglio comunale in quanto sede istituzionale. Degenerata, alla fine, con il lancio di un plico di 159 emendamenti - cioè quelli che l’aula stava per discutere in vista della maratona notturna sul bilancio di previsione 2010 - da una bancata all’altra.
Plico finito sulla gamba di Angela Brandi, l’ex missina orgogliosa di essere tale che oggi fa la capogruppo di An-Pdl, cioè la parte destra del partitone berlusconiano che in Comune non si è ancora mischiata del tutto alla parte forzitaliana. E l’autore del lancio? Un altro capogruppo. Di opposta matrice politica. Fabio Omero, oggi Pd e ieri Quercia, quella nata dalle ceneri del Pci di massa del dopoguerra. «Lo denuncerò, il confronto politico è una cosa e l’aggressione è un’altra, non ho ricevuto scuse e procedo», dichiara freddamente lei. «Mi spiace davvero di aver trasceso, peccato comunque che gli emendamenti non fossero stati trecento come gli anni scorsi», dichiara sarcastico lui dopo aver subito l’espulsione dall’aula da parte del presidente Sergio Pacor, che comporta l’esclusione dal dibattito con la possibilità di rientrare solo al momento del voto.
La cronaca di una seduta del Consiglio comunale che avrebbe dovuto vivere soltanto le emozioni del parapiglia sui numeri del bilancio - bilancio che è stato votato comunque poche ore fa, a notte fonda - inizia per l’appunto con le richieste di commemorazione di chi non c’è più. Prima viene chiesta quella per l’albergatore Sergio Stern, il missino doc scomparso lunedì scorso. Poi il rifondatore Iztok Furlanic prende la parola per onorare la memoria di Sandro Pertini, a una settimana dal ventennale della sua morte. Ed è a quel punto che, non appena il rappresentante di Rifondazione comunista si mette a tessere le virtù del Pertini grande anti-fascista, il controllo sfugge di mano da una parte e dall’altra. «Se ne sono usciti in tre mentre Furlanic stava compiendo il suo intervento, e sono rientrati soltanto dopo il minuto di silenzio, è inaccettabile che sia successa una cosa del genere durante la commemorazione di un ex presidente della Repubblica», racconta Omero. I «tre» sono tutti quelli di An (Angela Brandi, per l’appunto, Antonio Lippolis e Vincenzo Rescigno) tranne uno che secondo le ricostruzioni di quei minuti alquanto concitati non si è mosso (Bruno Rossetti). «Non so, non ho mica guardato chi c’era e chi no in quel momento, so solo che sono uscita perché avevo da fare una telefonata, e anche se fossi uscita appositamente è nel mio diritto poterlo fare», ribatte a sua volta la Brandi. Ma quando rientra in aula, la capogruppo di An-Pdl viene sommersa dai rimproveri che escono, senza sconti alcuni, dai banchi del centrosinistra. «Vergognati, fascista!», e via così. «Erano urla furibonde», aggiunge lei. «Li abbiamo insultati, è vero, poi lei si è messa a chiedere che volevamo con aria apparsa strafottente, e io nella foga ho trasceso», fa eco lui. «Omero è venuto fuori dal suo banco, mi si è avvicinato e mi ha colpito alla gamba», insiste lei.
A quel punto un po’ tutti si fiondano al centro della sala, con l’azzurro Piero Camber che si improvvisa capo-pompiere per acquietare gli animi prima dell’inevitabile sospensione temporanea della seduta. Conseguenze fisiche importanti? «Non ho chiamato l’ambulanza ma mi ha fatto male», taglia corto la Brandi. La denuncia è dietro l’angolo. E a nulla, stando ai racconti di chi ha assistito all’arrivo di Roberto Dipiazza in aula dopo quel fattaccio, vale il tentativo di conciliazione del sindaco. Il vogliamoci bene dell’anno scorso, quando destra e sinistra avevano concordato un maxiemendamento anti-crisi, è un lontano ricordo.
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