Confini chiusi, in coda a Fernetti e Rabuiese
Sospeso Schengen, tornano i controlli. Verifiche anche in uscita. Attivate le postazioni mobili: ormai inagibili le vecchie strutture

Code di un paio di chilometri a Fernetti e Rabuiese. Auto incolonnate col motore acceso. Uomini in divisa, documenti di identità che passano di mano e vengono aperti alla pagina dov’è incollata la fototessera e sono scritti il nome e l’indirizzo del ”proprietario”. Sguardi indagatori che scrutano i volti, i bagagliai e gli angusti spazi delle vetture ferme nel giorno di festa. Dalla mezzanotte di ieri i valichi di frontiera tra Italia e Slovenia sono nuovamente presidiati dalle nostre forze di sicurezza. Le lancette dell’orologio della Storia sono ritornate a una data anteriore al 21 dicembre 2007, quando le barriere caddero e più d’uno affermò che ”i confini erano cose da ridere”.
A un anno e mezzo di distanza le barriere sono state nuovamente attivate. Paradossalmente solo dalla parte italiana dei valichi perché è il nostro Governo che ha paura e mette le mani in avanti in funzione sicurezza. Fra qualche giorno i ”grandi del mondo” si riuniranno all’Aquila, in quella terra da poco sconvolta dal terremoto. E le frontiere vanno presidiate, monitorate, tenute sotto controllo perché solo dall’esterno, da chi non parla la nostra lingua può giungere la minaccia e la contestazione violenta.
Alle frontiere con la Slovenia, con l’Austria, la Svizzera e la Francia, ma anche negli aeroporti e nelle stazioni marittime sono iniziati i controlli che proseguiranno fino al 15 luglio. I turisti sono avvisati, ma deve tenere conto della nuova inaspettata situazione anche chi esce dall’Italia per il week end e si dirige verso la costa istriana. Ieri mattina al valico di Rabuiese, presidiato da quattro agenti di polizia, si sono formate lunghe file di vetture in uscita. Un paio di chilometri di auto in attesa e di persone tra il rassegnato, l’ilare e il furente. «Ma i controlli non dovevano essere effettuati solo in entrata?» I controlli in entrata hanno comunque intasato il valico di Fernetti. Pullman, vetture, motociclette, camper anche qui hanno formato una lunga fila. Due erano gli agenti di polizia adibiti ai controlli. Uno esaminava i documenti, l’altro entrava nel «Motoroffice CM 22» posteggiato a una ventina di metri di distanza, batteva sui tasti di un computer e scrutava la risposta dello schermo.
Due agenti di polizia erano in servizio anche al vicino valico di Monrupino dove il traffico non è paragonabile a quello di Fernetti. Altro camper, altro gruppo elettrogeno per fornire con un diesel rumoroso e un alternatore l’energia elettrica necessaria per l’illuminazione e i sistemi informatici. Le vecchie strutture di confine in piena attività fino al dicembre 2007, o sono state smantellate o l’incuria e il fluire del tempo le hanno messe fuori gioco per sempre. Inagibili, mute testimonianze di un tempo che fu e che oggi ritorna alla ribalta sotto altra forma, con diverse paure.
«Il nostro lavoro serve a poco, anzi a nulla. Se qualcuno, se qualche malintenzionato vuol passare, ci sono tanti boschi e tanti sentieri», ha detto allargando le braccia uno degli uomini in divisa schierati sul confine.
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