Conferme o rivoluzioni Il Pd davanti a un bivio

Rinviata alla prossima settimana la direzione nazionale del partito chiamata a ridefinire la squadra dopo il flop alle ultime amministrative. L’incognita del ruolo di Serracchiani
Il premier Matteo Renzi
Il premier Matteo Renzi

TRIESTE. Le parole di Matteo Renzi, quell'invito a incenerire la «classica polemica sulle poltrone in segreteria e sul desiderio delle correnti di tornare a guidare il partito», sono la miglior garanzia per la conferma di Debora Serracchiani alla vicesegreteria del partito. Un ruolo, quello di numero due assieme a Lorenzo Guerini, rivestito dal 28 marzo 2014, quando l'area cuperliana non rinunciò alla polemica: «Se si pensa sia utile mandarla in tv, bene, ma non c'era bisogno di una nuova nomina».

Il suo destino, comunque, resterà sospeso ancora per un po': causa Brexit, infatti, la direzione nazionale del Pd, prevista per il pomeriggio di oggi, venerdì 24 giugno, è stata rinviata alla prossima settimana.

 

Renzi tenta di fermare la guerra delle poltrone. Rebus Serracchiani
Matteo Renzi e Debora Serracchiani

 

Ad ogni modo, dopo 819 giorni da vice Renzi, per Serracchiani non dovrebbero esserci i titoli di coda. C'è chi dice che il segretario potrebbe optare per i fuochi d'artificio. Ma ieri a Roma, come ormai da 48 ore, prevaleva l'impressione del nulla di fatto a livello di assetto della squadra. Parlerà agli italiani, Renzi, aprirà finestre e incenerirà i caminetti, come ha invitato a fare tutti i dem. Difficile che, con queste premesse, pur dopo le delusioni elettorali delle amministrative di giugno, possano arrivare bocciature a livello di segreteria. E se è più facile sulla carta ipotizzare, piuttosto che quello di Guerini, il sacrificio di Serracchiani, governatrice di una regione in cui il Pd ha appena perso due capoluoghi di provincia su quattro, la conferma del tandem in sella da due anni e tre mesi sembra la soluzione più probabile. Non a caso da giorni il capogruppo alla Camera Ettore Rosato, vicinissimo al premier come alla presidente Fvg, trasmette il messaggio di una Serracchiani «non messa in discussione». Tanto più che gli altri dossier di cui dovrà trattare Renzi in direzione sono molto corposi.

La vigilia della riunione poi rinviata è infatti stata vivacizzata dall'attacco del ministro Marianna Madia al commissario del Pd romano Matteo Orfini, dalle anticipazioni del responsabile Riforme dem Emanuele Fiano su possibili ritocchi all'Italicum, dal reiterato pressing della minoranza che chiede allo stesso Renzi di fare un passo indietro dalla segreteria. E c'è pure la campagna referendaria da avviare, una partita che, in caso di prevalenza dei “no”, avrebbe conseguenze pesantissime sul futuro del governo e sulle chance del Pd di riconfermarsi alla guida del Paese.

Con tanta carne al fuoco, perché concentrarsi su un comunque non indolore dimezzamento della casella di vice? Anche l'auspicio della vicepresidente della Camera Marina Sereni è per una discussione in direzione «franca e vera, che tuttavia non degeneri in una resa dei conti». Stop ai battibecchi, insiste Sereni, «servono uno sforzo di inclusione, uno spirito unitario più forte, radicamento territoriale e comunicazione moderna. E non credo affatto che la soluzione sia la separazione dei ruoli tra premier e leader del partito».

Di discussione «vera e seria, all'altezza di una grande forza democratica che non si nasconde e pubblicamente fa confrontare le persone della sua classe dirigente, che provi ad affrontare ciò che è successo ma anche a rilanciare» parla poi il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Che, tuttavia, commentando le voci dei giorni scorsi su qualche new entry, dichiara: «Ho visto che Renzi vuole costruire un nuovo gruppo dirigente, una segreteria autorevole, e credo faccia bene».

E se dal governatore della Puglia Michele Emiliano sembra arrivare un appello a dare una mano al premier («Il partito finora è stato concepito come un supporto di governo, ma deve essere anche altro, Renzi non può fare tutto da solo»), un contributo pre-direzione è firmato da 16 senatori dem: un documento in cui, tra l'altro, si evidenziano le difficoltà del partito «a trovare consensi tra i ceti popolari e nelle periferie, cioè tra chi è più esposto alla crisi economica o tra chi ha pesanti carichi familiari, non solo di natura economica, a cui non riesce a fare fronte». Ancora più diretto Roberto Speranza: «Basta con questa intollerabile arroganza del Ciaone. In ogni caso non mi interessa discutere di un posto in segreteria, ma essa solo una nuova prospettiva politica».

Concetti, quelli legati a un ritorno al dialogo con i cittadini, ripresi anche nel confronto di ieri sera in segreteria regionale del Pd, «occasione per un primo punto della situazione sull'esito del voto amministrativo», fa sapere Lorenzo Presot, sindaco di Staranzano e responsabile enti locali del partito. Molto più delicati i prossimi passaggi. L'assemblea provinciale di Trieste del 29 giugno, con il presidente Nerio Nesladek che ha rimesso il mandato e verificherà se il doppio k.o. di Muggia e Trieste gli costerà il posto. E la direzione regionale del 4 luglio, giorno della verifica in particolare per la segretaria Antonella Grim.

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