«Condanna a Camber, gli accusatori erano credibili»

Pur rivestendo cariche non aveva esitato a discreditare l’immagine di istituzioni pubbliche
di Claudio Ernè
Giulio Camber
Giulio Camber
Vito Svetina, Franco Tabacco, Suadam Kapic e Dario Zuppin. Le loro dichiarazioni stanno alla base della condanna definitiva del senatore Giulio Camber a otto mesi di carcere con la condizionale, ribadita dalla Corte di Cassazione nell’udienza dello scorso 26 settembre. Camber era accusato di millantato credito. Ha chiesto e ottenuto dalla Banca di Credito di Trieste-Kreditna Banka, 100 milioni di lire per tentare di bloccare a Roma la procedura di liquidazione coatta amministrativa dell’istituto di credito che fu della minoranza slovena in Italia. Questo dice la sentenza, ormai passata in giudicato. Camber, al contrario, fin dall’apertura dell’indagine, si è sempre dichiarato innocente, vittima di insinuazioni calunniose.


Le accuse di Vito Svetina, già direttore generale della stessa banca e quelle di Franco Tabacco, ex segretario regionale del Partito liberale, sono state invece ritenute attendibili in tutti i gradi di giudizio e i magistrati della Suprema Corte le hanno ribadite. Lo si legge a chiare lettere nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici hanno respinto il ricorso presentato dai legali di Camber, gli avvocati Luciano Sampietro e Pietro Longo. L’atto è stato depositato in cancelleria il 31 ottobre e ieri è stato diffuso da alcune agenzie.


Determinanti per la decisione che ha confermato la sentenza di condanna della Corte d’appello di Trieste pronunciata il 18 luglio 2005, si sono rivelate anche le parole di due testimoni: Suadam Kapic e Dario Zuppin, entrambi esponenti della comunità slovena. Fin dalle prime battute dell'inchiesta diretta dal pm Raffaele Tito avevano dichiarato agli inquirenti che «Vito Svetina, dopo aver ottenuto con urgenza la somma di cento milioni di lire, alcuni giorni dopo aveva riferito loro che il denaro era stato effettivamente consegnato a Giulio Camber che si era impegnato ad adoperarsi per evitare il commissariamento della banca».


Ma non basta. I giudici della Sesta sezione penale della Corte di Cassazione hanno valorizzato anche il contenuto delle annotazioni dell’agenda di Franco Tabacco. Nella sentenza i magistrati sottolineano «l’autenticità e genuinità delle annotazioni, confortata da una consulenza grafologica: queste annotazioni e le indicazioni in esse contenute confermano puntualmente il racconto di Tabacco sia sui tempi sia sulle nomi». L’ultimo dato negativo per la tesi dei difensori è rappresentato da una intercettazione ambientale effettuata all’interno del bar Cavour. Nel nastro Vito Svetina e Franco Tabacco parlano dei cento milioni destinati a Camber e Tabacco afferma che la consegna è effettivamente avvenuta.


Nella penultima pagina della sentenza i giudici motivano il loro «no» all’applicazione delle attenuanti generiche. Se fossero state concesse, sarebbe intervenuta la prescrizione. «Il diniego è stato correttamente motivato dalla Corte d’appello di Trieste, facendo riferimento sia alla oggettiva gravità del fatto, sia alla personalità dell’imputato, che pur rivestendo prestigiose cariche politiche e professionali, non aveva esitato nel 1994 a discreditare l’immagine di istituzioni pubbliche, sia pure non specificatamente individuate, giungendo poi ad attribuire ai suoi accusatori, intenti calunniosi».
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