Con Tondo il potere si sposta in Friuli

Trieste perde il baricentro. Biasutti: «È il sistema dell’elezione diretta: chi vince ha tutto in mano». La fine dell’era illyana: più peso per Carnia, Udine, Pordenone
Renzo Tondo
Renzo Tondo
UDINE Sergio Cecotti denunciava da mesi la «triestinizzazione» del centrosinistra al potere. Lo riteneva fenomeno preoccupante: avrebbe portato alla sconfitta. Con la sconfitta, arrivata davvero, Trieste e il potere non sono più così vicini. Non con il centrosinistra messo all’angolo e il suo leader, Riccardo Illy, rientrato silenziosamente in azienda dopo 15 anni di successi. Non con il centrodestra che, con un presidente tolmezzino, fa il pieno di voti nelle province di Udine e Pordenone.


IL BARICENTRO
Nel 2003, cinque anni fa, 356.896 voti confermavano l’invincibilità di Illy. Nel 2008, sono passate due settimane, 409.430 segnano la grande rivincita di Renzo Tondo e rispostano il baricentro del potere. Lo collocano tra Carnia, Udine e Pordenone. Trieste non è emarginata ma certo non conta più come prima di quella due giorni, 13 e 14 aprile, che ha chiuso l’esperienza di Intesa democratica al governo della regione.


IL PRESIDENZIALISMO
«È il sistema dell’elezione diretta: chi vince ha tutto in mano», riassume Adriano Biasutti. Trieste, con Roberto Antonione, aveva gestito la presidenza della Regione già in passato. Ma non per un’intera legislatura e nemmeno con il potere che il presidenzialismo trasferisce al vincitore. «Conta anche quanto quel potere viene diffuso – osserva Biasutti –: Illy lo ha fatto ben poco, ha ecceduto in autoreferenzialità, ha usato la comunicazione come arma, indipendentemente dal fatto che le cose si facessero o no».


L’ERA ILLYANA
Con Illy presidente, Trieste è stata al centro della legislatura. Da un punto di vista istituzionale, come naturale, ma anche politico: triestini i due capigruppo di Ds (Bruno Zvech) e Dl (Cristiano Degano), triestini i vertici di Rifondazione, il partito più forte dell’ala sinistra. E poi, nell’ultimo anno, triestino il primo segretario del Pd, ancora Zvech. Dal giorno dell’accoppiata Illy-Zvech al comando, Cecotti avvertiva: «Attenti che si perde».


LA CARNIA
Da Trieste a Tolmezzo. Si è affidato a un carnico doc, il centrodestra, per riemergere dall’opposizione. La Carnia aveva iniziato a contare già nel 2006, ma a Roma: Tondo, Vanni Lenna e Manuela Di Centa erano stati paracadutati a Montecitorio. Due anni dopo la Carnia entra da protagonista in Regione, non solo con Tondo: il neopresidente non si dimenticherà del fedelissimo Lenna, il più assiduo collaboratore in campagna elettorale.


I MANAGER
A cascata, visti i numeri usciti dalle urne, il Friuli riprende a contare. E si prepara a piazzare i suoi uomini. Non solo in giunta. Riemergono, nel nuovo corso, non solo i politici, ma anche i manager friulani. Li attendono i vertici delle società regionali. Si dice che Dino Cozzi, ex numero uno di Agemont e Insiel, è pronto a tornare alla presidenza della società informatica. Che Franco Asquini, ex presidente di Friulia, ha varie opzioni, non solo quella di vicesindaco a Udine, se il centrodestra prevarrà al ballottaggio. E che Massimo Paniccia, presidente della Fondazione CrTrieste e di AcegasAps, è soluzione possibile per il dopo Pressacco a Mediocredito.


I TRIESTINI
Anche la politica, quella dei partiti, si risposta verso il Friuli. Certo Trieste non scompare perché Giulio Camber, Roberto Antonione e Roberto Menia pesano, e non poco. E la città non sembra preoccupata. «Non è un problema che sia diventato presidente un carnico sul quale eravamo tutti d’accordo – sostiene il segretario regionale di An –. Quando il quadro sarà composto da Roma a Trieste fino a Udine, non credo ci saranno particolari squilibri».


I PARTITI
Eppure, tolta proprio An – che tra l’altro, in pieno accordo con Menia, vede Giovanni Collino controllare totalmente ciò che accade in provincia di Udine –, le segreterie di maggioranza stanno altrove: a Pordenone (Isidoro Gottardo), a Udine (Angelo Compagnon). Quanto alla Lega, vicina a un congresso che le restituirà un segretario, il commissario vicentino Manuela Dal Lago ha appena indicato in Pietro Fontanini, neoeletto presidente della Provincia di Udine, l’uomo forte del partito. E il Carroccio udin-pordenonese è stato un puntello decisivo per la vittoria di Tondo: incasserà.


L’ EQUILIBRIO
Ma Trieste non teme uno squilibrio. E il Friuli non lo minaccia. «Mi pare che, se il peso è ritornato verso Udine – rileva Biasutti –, si debba solo parlare di riequilibrio. Non credo che Tondo deterrà il potere secondo il modello Illy». Di equilibrio parla anche Ferruccio Saro: «La provincia di Udine occupa metà del territorio regionale ed è inevitabile che torni ad avere un ruolo rilevante. Ma non ci sarà un’egemonia distruttiva e Trieste o altre aree non verranno penalizzate».


L’AUTONOMIA
Udine, da pochi mesi, ha un nuovo palazzo della Regione. Sotto quello vecchio c’è ancora l’osteria Cjacarade, lì dove la politica friulana si riuniva per accordi più o meno segreti, così come la generazione precedente sceglieva il «triangolo della morte» democristiano lungo via Poscolle. «Lepre», «Roma», «Spezieria pei sani», sempre di osteria si trattava. Simboli che tornano? «No, non credo servano simboli – dice Biasutti –; sono più urgenti le idee, le strategie, una classe dirigente che lavora al meglio». Di certo, assicura Saro, il centrodestra di oggi non è più quello di cinque anni fa, appeso a una cena ad Arcore: «Nel mio piccolo mi sono ribellato: lo strappo del 2003 nasceva proprio dal non voler vedere imposti gli ordini romani o milanesi. Ma adesso abbiamo riconquistato l’autonomia e non la molleremo».

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