Con il Punto franco sbarre per entrare in marina e alberghi

Irrisolto il nodo dei varchi, in base al Trattato internazionale dovranno restare attivi. Si apre l'ipotesi dello spostamento

TRIESTE.  Per il Porto Vecchio il passaggio dalle disquisizioni accademiche dei politici locali ai risvolti pratici tuttora inimmaginabili potrebbe essere breve. Alberghi, marina per diportisti e altre strutture - i magazzini dovranno aspettare un bel po' - sono alla fase conclusiva della progettazione. Ma l'accesso all'area è tuttora interdetto: si tratta pur sempre di un Punto franco.

Se si vuole entrare occorre esibire il documento di identità alla Finanza che presidia gli ingressi. In realtà un gesto della mano è spesso sufficiente a ottenere un via libera, ma se il flusso di "visitatori" dovesse farsi importante le cose potrebbero cambiare. E se uno yacht arriva in banchina a strutture realizzate, cosa farà la Dogana, sigillerà la cambusa come accade per le grandi navi quando attraccano in Porto? Insomma, il regime di Punto franco impedirà il realizzarsi dei progetti?

Da Portocittà, i titolari della concessione che per 70 anni dovrebbe consentire al gruppo formato da Maltauro-Rizzani de Eccher, Sistema iniziative locali spa e Banca infrastrutture innovazione e sviluppo di mettere in atto enormi investimenti in Porto Vecchio, fanno sapere che la tempistica non rende la questione così urgente: ma «stiamo studiando il problema, è uno dei temi che sono sul tavolo».

Ha pochi dubbi invece, come in passato, l'avvocato Enzio Volli, presidente regionale dell'Associazione Diritto marittimo: «Non si può entrare in un Punto franco. Oggi abbiamo due motivi per cui si può verificare l'ipotesi di contrabbando: il Trattato internazionale e la legge italiana. Se si comincia a costruire, un qualsiasi privato cittadino può rivolgersi alla Procura della Repubblica.

E poi? E se uno dei Paesi che ha firmato il Trattato decide di chiedere conto del diverso utilizzo dell'area? Noi avevamo indicato una strada: notificare l'intenzione di modificare il Punto franco ai Paesi firmatari del Trattato e poi sdemanializzare l'area. Siamo rimasti inascoltati». Decisamente più possibilisti due colleghi di Volli. «È un punto irrisolto della questione. Non ho una risposta, ma penso che se ci sono le concessioni il Punto franco non impedirà la realizzazione dei progetti - sostiene l'avvocato Paola Bardi, vicepresidente dell'International propellers club - compreso l'albergo. Semmai resterà il problema delle sbarre all'ingresso».

Secondo Alberto Pasino, avvocato che si occupa di Diritto della navigazione e dei trasporti per conto di un noto studio legale in città, il problema esiste. Ma si può risolvere. «Credo che il regime di Punto franco impedirà la realizzazione dei progetti, ma credo anche che sia un'occasione per spostarlo, considerando che la funzione emporiale degli scali così com'era stata concepita è venuta meno, ragion per cui va bene anche il retroterra». Pasino indica il decreto prefettizio come la strada più breve per un eventuale spostamento. L'Agenzia delle Dogane continuerà dunque ad applicare i termini del Trattato internazionale e all'ingresso del Porto Vecchio resteranno le sbarre. Pochi problemi invece per il traffico marittimo, con le imbarcazioni da diporto sottoposte a normali controlli.

E la Capitaneria di porto, come si comporterebbe in caso di traffico turistico verso un Punto franco doganale? L'ammiraglio Antonio Basile, comandante della Guardia costiera a Trieste ma anche vicepresidente del Comitato portuale, fa intanto notare che esiste già una procedura attraverso cui l'Authority sta approntando le pratiche per la richiesta di spostamento del Punto franco. «Quanto alle nostre competenze - spiega l'ammiraglio - la Capitaneria prenderebbe atto di eventuali nuove destinazioni d'uso delle aree e continuerebbe a occuparsi della sicurezza».

 

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