Comuni, fondi sbloccati ma non per nuove opere
Il Comune è a secco di soldi, la Provincia pure. O non li possono spendere per legge. I Comuni piccoli sono lividi di rabbia: soldi in cassaforte, progetti per il territorio pronti ma morti. È la tagliola del “patto di stabilità” (che il sindaco Cosolini chiama “patto di stupidità” per i disastrosi effetti collaterali che comporta). C’è qualcuno che può far qualcosa? La Regione? Lo Stato? Ecco qui le risposte. Poco rassicuranti.
Una su tutte: se anche la tagliola s’allenta, è già certo che per quest’anno Trieste non riceverà licenza di spendere un solo euro per gli investimenti che aspetta di fare. Potrà al massimo pagare fatture vecchie. Se non le ha, perderà il permesso di spesa “aperto” proprio dalla Regione. Dove lo stesso assessore che ha deliberato uno sblocco di fondi, e strette misure di controllo sulle previsioni del loro effettivo utilizzo, ha ricevuto uno “stop” dal territorio: un bel “no” al fatto che siano permessi anche gli investimenti. Almeno per opere urgenti, o per emergenze che oggi non si sa come affrontare. Oppure per consentire (e qui risalta proprio il caso Trieste) «ai Comuni che non sono in grado di spendere per il pregresso, di spendere per nuove opere».
Ma prima di tutto la Regione otterrà ulteriori “licenze finanziarie” dallo Stato? L’incertezza a oggi è totale. «Il negoziato è aperto - spiega l’assessore alle Finanze, Francesco Peroni -, stimiamo ottimisticamente di avere con settembre un quadro chiaro. Naturalmente tra i due negoziatori i rapporti di forza sono diversi. Fretta e scadenze sono nostre, lo Stato non ha altrettanta urgenza. Noi facciamo invece un forte “pressing”, e a fronte di questi ritmi i risultati finora sono incoraggianti. Ma lo Stato deve ottenere dalla Ue qualche concessione, ora che siamo usciti dalla procedura d’infrazione per debito pubblico eccessivo. L’avrà? È da vedere. E comunque vada, gli eventuali effetti positivi non si vedranno nel 2013, ma a partire dal 2014». E questa è un’altra triste certezza.
Eppure mentre l’anno scorso la Giunta Tondo, rimproverata a Roma, rimbeccò le amministrazioni locali per aver “sforato” i limiti imposti dal patto di stabilità nazionale (soldi che lo Stato voleva fossero restituiti), «lo scorso ottobre, data della prima verifica successiva al primo allentamento del “patto” concesso invece dalla Regione Friuli Venezia Giulia con delibera del 18 aprile, 81 milioni di euro non erano stati spesi dagli enti locali. E non deve più succedere». Questo dice Paolo Panontin, assessore regionale alle Autonomie locali. Che se la deve vedere coi Comuni a secco, coi vincoli, coi controlli, con la regìa della crisi che, nell’ultima valle, fa saltare i conti delle aziende, non pagate per i lavori fatti. Soldi che mancano, ma soldi che poi anche restano in cassetto, ed è inaccettabile di questi tempi.
Proprio l’altro giorno Panontin ha imposto una sterzata al controllo di questa complessa materia. Ma appunto non è riuscito a dare via libera anche a investimenti. Perché sono stati gli amministratori del territorio riuniti nel Consiglio delle autonomie locali a opporsi. Hanno chiesto che le quote finanziarie “liberate” siano usate solo «per saldare debiti pregressi». «Di fronte all’unanimità, ho dovuto accettare» afferma Panontin. Che però non sembra convinto della giustezza del rifiuto.
Di fatto però per le urgenze economiche che saranno individuate nelle Direzioni regionali, e a scendere in Province e Comuni, si aprirà il permesso a spendere solo per coprire spese vecchie. Nessun cantiere nuovo. Per quale vero motivo? Si è creata di fatto, come accadde già quando Tondo ottenne la possibilità di allentare il “patto” a favore del territorio, una rivalità tra Comuni grandi e Comuni piccoli. Lo spiega Panontin: «La verifica delle necessità e capacità di spesa la faremo a settembre, i Comuni più piccoli hanno opposto che c’è troppo poco tempo per avviare opere, dunque temevano che i soldi sarebbero stati loro tolti per essere assegnati ai Comuni più grandi e attrezzati. Si son sentiti penalizzati, hanno preferito rifiutare gli investimenti. E così è avvenuto». Quella quota di libertà di spesa non l’avrà dunque nessuno per il timore che vada a qualcuno.
Un bilanciamento era avvenuto anche coi provvedimenti di Tondo. Una prima “tranche” era stata destinata per obiettivi e progetti, e dunque la parte del leone l’avevano fatta i Comuni grandi, con progetti maggiori, e allora attraverso l’Anci quelli piccoli sotto i 5000 abitanti avevano preteso quote riservate. Adesso si replica, ma ottenendo misure “a propria misura”.
Trieste (ma a sentire le loro dichiarazioni anche i Comuni minori, seppur piccoli) ci perde di netto. Senza libertà per investimenti, e senza altre entrate proprie (Cosolini assetato ha già messo in previsione atti straordinari come la vendita delle azioni non vincolate di Hera di cui il Comune è in possesso) l’amministrazione non potrà fare, almeno quest’anno, la riqualificazione del Borgo Teresiano, di piazza Ponterosso, e non poserà pannelli solari sul Salone degli incanti. Siccome ha assicurato che soldi per i “pagamenti pregressi” fino a settembre li ha, forse delle nuove quote regionali si servirà solo per rate che si dilatano fino a dicembre. «Il sindaco me lo ha detto - riferisce Panontin - che di questo passo non va avanti, ma non credo che non ci siano pagamenti da completare...». A settembre la Regione farà dunque la verifica. I soldi non ancora impegnati torneranno nella sua disponibilità, nel paniere generale. E verranno diversamente redistribuiti. «Con criteri nuovi - annuncia però Panontin -, che deciderò con una nuova delibera».
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