Comune di Trieste, 95 milioni di crediti non riscossi. «Ma bilancio sotto controllo»
Il Comune, al 31 dicembre, ne “dichiara” 95 milioni e mezzo, il 29% della parte corrente. La Provincia, alla stessa data, ne ha contati 34, il 37%, scesi ad oggi a 24, il 26%. I cosiddetti residui attivi - gli introiti attesi, i soldi di “carta” che un ente locale configura a bilancio tra le entrate pur non avendoli realmente incassati, tra tasse, tariffe e multe non ancora pagate dai cittadini e contributi non ancora versati da enti sovraordinati - costituiscono insomma anche a Trieste un pilastro della finanza pubblica. Con la differenza, però, rispetto a svariate città medio-grandi in particolare del centro-sud, che qui le amministrazioni locali usano praticare, e non da oggi, “cautele” tali da mettersi al riparo - così giurano tanto in Comune quanto in Provincia - dal rischio di ritrovarsi con nuovi, inattesi, buchi di bilancio proprio adesso.
Già perché è adesso - dal primo gennaio - che sta per scattare l’operazione “pulizia” congegnata dalla riforma dei bilanci locali del 2011, cui viene dato seguito dall’ultima legge di stabilità, che obbliga gli enti territoriali a levare dalla contabilità quel fior di quattrini virtuali che non hanno ancora incassato e che probabilmente, spesso perché antichi, mai incasseranno, ma che restano lì per poter finanziare spese con entrate posticce. Quattrini da relegare d’ora in poi in un apposito “fondo crediti di dubbia esegibilità” che non farà più massa critica tra le entrate alla voce “residui attivi”.
Chi reggerà l’urto avrà i lacci del Patto di stabilità allentati. E sia in Comune che in Provincia, appunto, si dicono pronti a raccogliere il frutto della loro “lungimiranza”. Partiamo dal caso della Provincia. I residui attivi messi a bilancio preventivo 2014 ammontavano, a fine 2013, a 34 milioni. Col passare dell’anno, sono scesi a meno di 24: 11 e mezzo sono risorse vincolate a opere pubbliche in corso di realizzazione o in attesa causa Patto di stabilità, circa 10 milioni sono rate di mutuo altrettanto vincolate per gli stessi motivi, un milione e 780mila euro corrisponde a poste di finanza derivata già assegnate sempre e comunque per lavori, mentre soltanto 5.700 euro si identificano in tasse al momento non onorate dai contribuenti, per l’occupazione di suolo pubblico su strade provinciali. La morale è che Palazzo Galatti non è a rischio “buco”, se non forse per un massimo di 5.700 euro. «La nostra capacità impositiva - spiega l’assessore al Bilancio dell’amministrazione Bassa Poropat, Mariella Magistri De Francesco - è molto bassa. La vecchia Ipt (legata all’iscrizione al Pra, ndr) non passa più per l’ente provinciale mentre il 5% di imposta ambientale sulla tassa rifiuti ci viene girata dal Comune, il vero ente impositore. Quanto a contributi e trasferimenti, i soldi degli enti finanziatori magari in ritardo ma arrivano. I residui attivi noi comunque li rivediamo continuamente, e non siamo mai incorsi in indici di dissesto».
Più complicato invece il quadro dell’amministrazione Cosolini, il cui rendiconto 2013 parla di 95milioni e 525mila euro di residui attivi. Il pezzo più consistente deriva dalle entrate tributarie, dalle tasse che il Municipio non ha ancora incassato: 40 milioni e 956mila euro, di cui 814mila euro “ante” 2013 e il grosso in attesa di saldo dallo stesso 2013, «e qui incide parecchio la diluizione delle scadenze della Tares 2013 nel corso del 2014», precisa l’assessore al Bilancio di Cosolini, Matteo Montesano. Altri 20 milioni e 912mila euro sono in “lista” da contributi e trasferimenti già promessi, di cui 16 milioni e 898mila ascritti tra le entrate 2013 e poco più di quattro del 2012 o prima. Gli incassi realmente in sospeso ma già contabilizzati tra le entrate extratributarie, quindi multe, tariffe per servizi comunali e affitti non ancora onorati dai “debitori”, arrivano infine a 33 milioni e 657mila euro, quasi equamente divisi tra il 2013 (17 milioni e 588mila euro) e 2012 o prima ancora (16 milioni e 69mila euro). «Ma questo Comune - osserva Montesano - attua da tempo una politica molto severa sui residui attivi. Prudenzialmente, infatti, abbatte a patrimonio buona parte dei residui “vecchi” dai due anni in su, nel senso che li depenna come residui scontandone già la presunta perdita. Se poi quei residui entreranno per davvero, sarà un beneficio in più, ma questo per intanto ci consente di non dover fare i conti ora con eventuali “buchi” dati dall’obbligo di creare il “fondo crediti di bubbia esegibilità”. Ciò che è dubbio, insomma, noi già lo facciamo uscire per tempo dagli equilibri di bilancio».
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