Comunali a Monfalcone, l’ala sinistra lancia Moretti: «Si cambia»
Prima uscita del candidato dem al debutto della lista “Monfalcone civica e solidale”: «Qui l’aria si è fatta irrespirabile»
Li ha chiamati «amici e compagni» e loro lo hanno applaudito. Ma le parti si sono pure invertite. È accaduto in un preciso passaggio, quando nell’accennare al «coraggio d’esporsi, di dire le proprie idee senza paura in un clima mai così difficile», ha finito col chiedere lui, la standing ovation: «Per chi ci mette la faccia, si candida».
Nel discorso a braccio, Diego Moretti, in giacca microquadrettata color acciaio, maglioncino blu senza tempo e jeans, ha scandito ieri alla sua prima apparizione pubblica al Caffè Corso che su «caporalato e pizzo islamico non c’è zona franca possibile».
Né che «si accettano lezioni di vita da chi ha candidato uno che minacciava di mozzare le dita se il voto finiva altrove».
Davanti alla platea brulicante che assisteva ai primi vagiti della lista “Monfalcone civica e solidale”, puzzle di anime di Sinistra, Movimento 5 Stelle e mondo ambientalista, l’aspirante sindaco dem ha spronato tutti alla «speranza, che c’è sempre». Perché «quando l’aria si fa irrespirabile, va cambiata». Come? Opponendosi alla «delegittimazione», non accettando che la «città resti chiusa, perché qualcuno ha pensato più ai risultati personali e meno alla crescita territoriale».
A dargli man forte, con buona dose di “cazzimma”, il collega in Consiglio regionale Enrico Bullian. A proprio agio nelle vesti di speaker, ha picconato le «ultime settimane» di governo centrodestra, definito «in fase decadente» e dove si sono annotate «tre clamorose retromarce su educatori, pietra d’inciampo e ricollocazione dei fondi amianto, tema da noi denunciato da inizio 2024».
«Chiunque sia il candidato è destinato alla fine di Garritani – l’affondo di Bullian – per via del ruolo strabordante di Cisint e del suo “vado, ma resto”. Ma senza presenza e lucidità politica, la città va a sbattere». Questo perché «la maggioranza vive in una bolla», ignara che «da quando amministra ci sono 4 mila immigrati in più».
Mentre dall’altra parte della barricata si propone un «candidato strutturato, di lunga esperienza amministrativa e con le spalle larghe». Quindi l’appello di Bullian a «uscire dalla comfort zone e cercare consensi fuori: è un lavoro faticoso, ma che dobbiamo fare». Nell’obiettivo – unico e comune – di «rovesciare la situazione».
La parola è passata dunque a cinque (su futuri 24) candidati di “Monfalcone civica e solidale”. A partire dal capolista in pectore Alessandro Saullo, consigliere della Sinistra: «Quando sembra non vi sia via d’uscita è importante inventarsi qualcosa di nuovo e qui ciascuno ha rinunciato a un pezzo di identità propria per costruire una realtà assieme». Quanto ai fendenti politici: «La destra, ormai arrogantissima, pensa che vincerà sempre, ma siamo noi che dobbiamo riuscire a ritagliarci gli spazi». Più «nidi per le neofamiglie e progetti per i giovani, il cui disagio denunciamo invano dal 2021, fin dal rogo al parco dei cipressi».
Per l’anima grillina è intervenuta invece la coordinatrice regionale Elena Danielis, che ha presentato il candidato Marco Piemonte, esperto di rinnovabili: «Non solo l’appartenenza all’area progressista ci ha portato qui, bensì l’adesione a temi per noi importanti: ambiente e coesione sociale».
Grande assente invece Bou Konate, presidente onorario del Darus Salaam, una mancanza che ha dato nell’occhio e va ascritta alle polemiche sulla commissione regionale di dicembre per il Piano Monfalcone.
Spazio poi alla 18enne di origini marocchine, una figlia della seconda generazione di migranti, Yasmine Abbane, che ha chiesto «più spazi in biblioteca per i giovani, in certi periodi non in grado di accogliere tutti, e luoghi aggregativi».
Mentre il “prof” Giovanni Montena, ambientalista, ha puntato tutto su più differenziata e ciclabili e un verde «che non sia solo di estetica, bensì di rispetto e considerazione degli alberi, non come intralci da rimuovere».
Infine Arturo Bertoli ha diffidato dal cadere nel tranello di definizioni che fanno attrito con la realtà, come quella di «pizzo islamico: si ignora che rientra nella cultura musulmana destinare parte delle disponibilità alla comunità, un po’ come del resto fanno i cattolici con la chiesa, altrimenti esiste pure il pizzo cristiano...».
Quanto al «caporalato, l’arruolamento coi furgoni qui non c’è, esiste semmai l’estorsione di ditte italiane e bengalesi che trattengono parte del salario ai nuovi arrivati, cui preme il permesso di soggiorno». Parti fragili, finiscono nella morsa.—
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