«Compravamo l’hashish dopo le lezioni»

Prime condanne nel maxiprocesso sul market della droga al Molo Audace. I profughi incastrati dai racconti dei giovani clienti
Di Corrado Barbacini
Lasorte Trieste 10/06/16 - Questura, Conferenza Stampa Omicidio Slavica Kostic, Calì
Lasorte Trieste 10/06/16 - Questura, Conferenza Stampa Omicidio Slavica Kostic, Calì

Espulso. Fuori dall’Italia, imbarcato sul primo volo disponibile per Kabul (un volo quindi militare). A questa pena è stato condannato il big manager del giro di spaccio dell’hashish destinato ai ragazzini e distribuito sul Molo Audace, il salotto buono della città. Proprio dove per mesi era andato regolarmente a comprarsi il “fumo” almeno un centinaio di ragazzini, in larga misura triestini, tra cui moltissimi minorenni, anche di quattordici anni. Il giro era stato sgominato nello scorso novembre dagli investigatori della Squadra mobile diretta da Marco Calì. Chi se ne andrà si chiama Ibrahim Hussani Said, 21 anni, una faccia da ragazzino. È un profugo afghano. La pena a un anno e sei mesi che ieri Ibrahim ha patteggiato davanti al gip Luigi Dainotti, dopo l’ok del pm Federico Frezza, di fatto sarà convertita nell’esplusione dal territorio nazionale in quanto, contestualmente, il profugo - accusato assieme a 15 altri pusher appunto di cedere le dosi di hashish ai ragazzini - ha rinunciato come suggerito dall’avvocato difensore Marco Fazzini alla richiesta d’asilo. E intanto resta in carcere.

Ibrahim era stato inchiodato dai filmati di svariati episodi, tra i quali uno che annoverava come compratore un quindicenne, quindi un minore. Che una volta identificato dagli investigatori della Squadra mobile era stato chiamato in Questura dove poi aveva confermato di aver acquistato la droga dal pusher. «Sì - ha detto il ragazzino - sono andato da quello a comprare l’hashish». Ha spiegato come funzionava quello che, non a caso, era stato definito il supermercato della droga per i minorenni. Prima c’era stato l’abboccamento alla radice del Molo Audace. Poi l’indicazione di aspettare più avanti il pusher. Che andava a prendere la roba nascosta in un’aiuola, proprio vicino al parcheggio. Così per decine di volte. Come hanno documentato le immagini dei filmati della Squadra mobile.

Ma hanno parlato anche le dichiarazioni di un altro afghano. «Sono in Italia da cinque mesi e ho ceduto in varie occasioni della droga. Sono stato rifornito da Ibrahim Hussani Said», ha raccontato agli investigatori della seconda sezione della Mobile. L’altro spacciatore di hashish ai minorenni è Fawad Muhammed Saeed, 25 anni, pakistano. Anche lui ha patteggiato un anno e sei mesi. Anche lui come Ibrahim è stato poi riconosciuto dai suoi stessi clienti. «Uscito da scuola - aveva dichiarato un sedicenne agli investigatori della Mobile - sono andato al Molo Audace. Dove ho visto due “pakistani” con altri due ragazzini che avevano anch’essi chiesto un grammo di fumo. Quindi mi sono rivolto a uno di loro e gli ho consegnato 10 euro...». Dopo l’arresto Fawad Muhammed Saweed era finito ai domiciliari. Ma - neanche tanto paradossalmente - il “lavoro” lo chiamava. E così era tornato in attività, non al Molo Audace, ma in altre zone della città. E finalmente era stato nuovamente arrestato e messo in carcere. Mazullah Ahmadi e Rashed Khan Angerani hanno patteggiato un anno e due mesi con i benefici.

Gli altri nomi sono quelli degli afghani Zahedullah Akhonzada, 23 anni, Ian Mohammad, 23, Romal Ahmadi, 19, Ramin Safi, 19, Ullah Nasir, 23, Said Sadat Kazemi, 25, Urmat Ullah, 23, e Shapor Haidar, 25, degli iracheni Ahmad Barzan Fatah, 19, e Ihad Mahmud, 19, dell’italo-bulgaro Assen Bertali, 26, e del pakistano Faisal Shanzad, 31. Sei di questi saranno processati con rito abbreviato il prossimo 22 febbraio. Per gli altri - che hanno fatto perdere le tracce - è stato chiesto il rinvio a giudizio. Difensori, oltre a Marco Fazzini, anche Andrea Di Roma, Debora Berton e Maria Genovese.

Resta un mistero. È quello della provenienza dell’hashish. E soprattutto del fornitore. Ed è ora sul grossista che si stanno concentrando le indagini della Squadra mobile. Perché nessuno è riuscito a capire come 16 profughi in appena due mesi siano riusciti a realizzare il supermarket dello spaccio per i minorenni triestini.

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