Compie 90 anni l’“ondina” della foto simbolo del 1954

TRIESTE Una foto che la ritrae sorridente, mentre accoglie un soldato italiano, in arrivo a Trieste su un camioncino, il 26 ottobre del 1954. Compie 90 anni Sergia Toso, una delle prime ragazze a correre all’epoca al confine, dopo la notizia del ritorno della città all’Italia. «È stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita – spiega –, un ricordo indelebile, una gioia immensa, una giornata lungamente attesa».

Nella sua casa di Trieste ha festeggiato nei giorni scorsi il compleanno, circondata dagli affetti. Tra i ricordi in evidenza, negli album e nei ritagli dei giornali, c’è proprio quello scatto, a cui Sergia è molto affezionata. E racconta tutto con estrema precisione, senza alcuna incertezza, una signora in forma e con una memoria infallibile.
«Dopo gli anni duri della guerra, aspettavamo tutti un segnale positivo, una svolta, che quel giorno finalmente è arrivata. Noi giovani non ci abbiamo pensato un attimo e appena si è diffusa la notizia siamo corsi al confine, chi con la Vespa, chi a piedi, tutti volevamo dare il benvenuto ai soldati italiani, una stretta di mano, un abbraccio. La felicità di quell’istante è ancora impressa nei miei occhi e la sento sempre quando guardo quella fotografia».

L’album dei ricordi di Sergia è costellato di foto d’epoca anche per la sua grande passione, il nuoto. È stata una delle “ondine”, le nuotatrici del dopoguerra citate da Umberto Saba, con una carriera iniziata per caso, nel 1945. «Volevo andare al mare con le mie amiche, ma non avevo i soldi del biglietto per entrare all’Ausonia. Erano tempi duri, c’era miseria, la disponibilità di denaro era poca per le famiglie. Io abitavo in piazza Carlo Alberto e volevo godermi l’estate insieme alle mie coetanee. In quell’anno cercavano di formare nuove squadre di nuoto e per chi aderiva l’entrata allo stabilimento era gratuita. Ho colto al volo l’occasione. Insieme ad altre ragazze sono entrata nella vasca, ho provato qualche bracciata e hanno capito subito che ero portata per quella disciplina. Da lì è iniziata una bella avventura. Adoravo da sempre nuotare, ma non pensavo potesse trasformarsi in qualcosa di diverso da un semplice tuffo nel golfo».

Dal grande album che Sergia sfoglia emergono le foto sul pontile dello stabilimento, durante gli allenamenti oltre ai momenti più importanti della sua carriera. «Il più gioioso è sicuramente il titolo del 1946, quando sono diventata campionessa italiana nei cento metri dorso, a Levico. Ricordo ancora perfettamente la felicità provata sul podio. È stata un’emozione enorme. E poi le trasferte – prosegue –: viaggiare non era semplice come ora. A Levico siamo arrivate su un camion attrezzato per l’occasione, niente a che fare con pullman o mezzi moderni, ed eravamo contentissime comunque, come quando siamo state a Barcellona, per una gara contro la nazionale spagnola. Abbiamo preso il treno fino a Genova e poi la nave. E abbiamo stravinto. Era la mia prima volta all’estero. I giornali di tutta Italia ne parlavano, perché eravamo davvero molto forti». Sergia mostra gli articoli della Gazzetta dello Sport, de Il Piccolo e di altri quotidiani.

«La mia società era la Rari Nantes Trieste e poi ho vestito anche la maglia della nazionale per andare in Spagna, anzi – sorride – era una tuta, che ci avevano dato per l’occasione, con l’obbligo di restituirla subito alla fine della competizione. Conservo ancora la lettera, dove ci veniva ricordato di consegnarla, e poi altri fogli che ci sono stati recapitati, con i complimenti per le ottime prestazioni sportive ottenute». La specialità di Sergia è stata sempre il dorso. «È stato il mio punto di forza – sottolinea – anche nelle staffette tre per 100, partivo io e poi venivano le mie compagne con stile libero e rana». La preparazione era sempre all’aperto, anche in caso di pioggia, freddo o maltempo.
«A Trieste non esisteva una piscina coperta fino al 1954, noi eravamo sempre fuori, con ogni condizione meteo, si iniziava a maggio, per finire a ottobre. E il mio fisico si è temprato così, raramente ho avuto infreddature nella mia vita». La storia sportiva di Sergia si chiude però un paio d’anni prima della costruzione della vasca al chiuso. «Ho iniziato a lavorare in banca nel 1952 e non avevo la possibilità di prendere troppi giorni di ferie, le gare si concentravano d’estate, ed era impossibile continuare, così è arrivata la decisione di smettere, ma sono fiera e orgogliosa di aver conquistato tanti traguardi prestigiosi». Sergia è una donna forte, che coltiva sempre la passione per il mare. «E nuoto ancora – aggiunge –, d’estate al Saturnia, ovviamente amo sempre il dorso e, quando mi vedono, tutti dicono che sembra una danza, perché ho mantenuto l’eleganza e lo stile dei tempi andati». —
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