Comparto unico Fvg, offensiva per il contratto
TRIESTE. Otto pagine, ventidue punti. Una proposta, prima di diventare piattaforma. Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal hanno preparato il documento da consegnare lunedì all’assessore regionale alle Autonomie locali Paolo Panontin. È la richiesta ufficiale alla Regione e agli enti locali di avviare l’operazione rinnovo del contratto di comparto.
I lavoratori coinvolti sono 14mila. Persone con lo stesso contratto dal 2009 e il turnover bloccato. Le categorie del pubblico impiego del Friuli Venezia Giulia hanno fatto i conti a partire da quella data. E la cifra finale è gigante: i risparmi prodotti dallo stallo raggiungono i 490 milioni. Una premessa economica per convincere i datori di lavoro ad aprire la trattativa.
A firmare la proposta sono Mafalda Ferletti (Fp Cgil), Massimo Bevilacqua (Fp Cisl), Maurizio Burlo (Uil Fpl), Fabio Goruppi (Ugl) e Paola Alzetta (Cisal enti locali). Non siamo ancora alla quantificazione delle risorse necessarie all’aumento degli stipendi, ma non c’è dubbio che i soldi ci sono, insistono i sindacati. Citate le stime di Confindustria (gli effetti del blocco dei contratti hanno significato una perdita del 10,5% del potere di acquisto dei salari), a livello regionale, dal 2009 a oggi, i risparmi per i mancati rinnovi di due tornate contrattuali vengono stimati in 183 milioni, cui vanno aggiunti i 306 milioni effetto della mancata copertura del turnover, con la perdita di 2mila posti di lavoro tra Regione ed enti locali. Si parla in sostanza di circa 80 milioni all’anno rimasti in cassa dal 2010 al 2015.
Quello che Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal diranno a Panontin sarà dunque che ci sono tutte le condizioni per rinnovare il contratto: non soltanto giuridiche, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sull’illegittimità del blocco, ma anche economiche, visto che il rinnovo, sostengono appunto le categorie, «si può autofinanziare con gli ingenti risparmi degli ultimi anni». Alle spalle il modello “centrale”, scrivono i sindacati in premessa, che «si è pesantemente fatto sentire anche in Fvg, dove la specialità regionale è stata sacrificata per un atteggiamento di completa sottomissione e accondiscendenza alle scelte nazionali, nonostante la Regione abbia potestà primaria in materia di ordinamento degli enti locali e del personale». Quegli stessi enti locali, incalzano le categorie, «che nei prossimi anni saranno caratterizzati da una profonda revisione dell’assetto istituzionale del territorio in attuazione alla legge regionale 26 del 2014». E dunque «la richiesta di un contratto di lavoro regionale adeguato ai cambiamenti che si stanno attuando e di un corretto sistema di relazioni sindacali si rende indispensabile per la realizzazione del riordino istituzionale e per garantire qualità e quantità dei servizi offerti ai cittadini».
Il testo, che aggiorna la proposta già consegnata alle parti datoriali nel maggio 2013, non tratta solo della questione economica, ma entra nel dettaglio di vari altri punti: disciplina delle relazioni sindacali, stabilizzazione dei rapporti di lavoro nella programmazione delle assunzioni, sistema di ordinamento professionale. Puntuali osservazioni anche sul part-time, sul telelavoro, sulla contrattazione integrativa e ancora su misurazione della prestazione, formazione, previdenza complementare della polizia locale, sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tema chiave, naturalmente, anche quello della mobilità tra i diversi enti. Il documento rileva che i contenuti del contratto del dicembre 2006 «possono essere una utile base di partenza per definire i casi, con precisi distinguo su mobilità individuale a richiesta dell’interessato, mobilità a seguito di avviso e mobilità collettiva».
Ma viene anche chiarito che «al personale trasferito vanno garantiti la posizione giuridica e il mantenimento, non riassorbibile, della posizione economica, compresi anzianità e assegni personali. Vanno inoltre perfezionati gli istituti incentivanti, nonché previste forme di indennizzo riguardo alle maggiori spese sostenute dal personale in caso di spostamento di sede».
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