Commercio, no di Roma alle chiusure obbligate

Impugnata la legge sul punto dei giorni festivi, per il governo viola le norme Ue sulla concorrenza. La giunta al bivio: modifiche al testo o ricorso alla Consulta
Un negozio aperto la domenica
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TRIESTE. Renzi contro Serracchiani. La legge regionale sul commercio diventa motivo di contrasto, istituzionale perlomeno, fra il capo del governo e la presidente della Regione, rispettivamente numero 1 e numero 2 del Partito democratico. Ieri è accaduto infatti quel che tutti si aspettavano succedesse: una volta arrivato a Roma, il testo della legge - rifinito nel marzo di quest'anno dal passaggio in consiglio regionale - è stato impugnato dal governo.

Il contenuto contestato dal governo è di fatto uno dei passaggi più rilevanti della legge, rivendicato con forza dal suo autore, il vicepresidente Sergio Bolzonello: quello che impone dieci giornate di chiusura obbligatoria in corrispondenza di altrettante giornate festive. Roma ha ritenuto che il testo andasse contro le prerogative dello Stato in materia di concorrenza e che violasse le normative europee al riguardo.

 

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Bolzonello si affida a un comunicato dell'agenzia regionale di cronache per il commento alla vicenda. «Seppur il governo abbia impugnato tre articoli riguardanti le aperture festive dei negozi - dice il vicepresidente -, resta comunque la bontà dell'intero impianto della legge regionale sul commercio approvata dal Consiglio regionale». Bolzonello rimarca poi la «correttezza» del percorso compiuto dalla norma: «Già in commissione era stato ampiamente dibattuto il fatto che il governo avrebbe potuto impugnare la legge - dice -. Tuttavia in quell'occasione da parte della maggioranza era emersa la forte convinzione che dieci chiusure festive all'anno potessero essere assolutamente compatibili con il sistema del commercio in Friuli Venezia Giulia». Ciò perché, spiega l'esponente della giunta, in quelle date già i piccoli centri chiudono l'attività e, di fatto, si viene a creare una sorta di disparità tra questi e le altre catene di distribuzione. L'esecutivo regionale dovrà ora scegliere come agire: una volta lette le motivazioni del governo, valuterà se ricorrere alla Corte costituzionale o modificare la norma.

 

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Commenta il segretario uscente della Cgil regionale Franco Belci: «Si sapeva che sarebbe successo, l'obiettivo in fondo era stimolare il governo a mandare avanti la legge di disciplina della materia, attualmente ferma in parlamento». L'impugnazione così com'è, però, non sarebbe un buon segnale: «Il fatto che si impugni in modo secco, dicendo che è leso il principio di concorrenza, fa capire qual è l'approccio. Per il governo il principio di concorrenza viene prima delle esigenze relative ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, visto che son soprattutto donne a operare nel settore». Secondo Belci starà ora alla presidente l'arduo compito di «sollecitare il decollo dell'iter legislativo».

Aggiunge il presidente dell'associazione regionale dei commercianti Alberto Marchiori: «L'impugnazione era nell'aria - dice -. La legge voluta dalla Regione, e da noi condivisa anche se non ci soddisfa al 100%, di fatto contrasta con la norma nazionale fatta dal governo Monti, che si ispira in modo capzioso alla normativa europea». In che senso «capzioso»? Presto detto: «Noi abbiamo dimostrato a più riprese - afferma Marchiori -, anche presentando la nostra relazione in sede di commissione regionale, che la liberalizzazione assoluta delle aperture voluta dal governo Monti non è richiesta dalle norme europee. Prova ne sia che in svariati paesi dell'Ue - basta andare nelle vicine Austria e Slovenia - ci sono giornate di chiusura obbligatoria in occasione delle festività senza che ci sia stato alcun contrasto con Bruxelles».

L'auspicio della Confcommercio è che dalla situazione di stallo odierna sorga una riflessione sul piano parlamentare: «In fondo questo era un po' lo scopo della legge. Noi l'abbiamo vista come una provocazione volta a spingere il parlamento a realizzare una riforma che faccia un passo indietro rispetto alla legge Monti».

Restando in argomento, ieri la giunta ha deciso che i saldi estivi inizieranno sabato 2 luglio e termineranno venerdì 30 settembre. Decisione presa in base alla normativa (legge regionale 26/2015) che dà all'esecutivo la competenza di definire i periodi in cui i saldi possono essere effettuati, «una volta sentite le associazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni di categoria dei lavoratori e delle imprese del commercio».

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