Commercio cinese in crisi a Trieste: negozi più che dimezzati

Le attività all’ingrosso o al dettaglio aperte in città erano 237 nel 2008, oggi sono scese a 91. Gli imprenditori orientali puntano ora su bar, ristoranti e servizi alla persona
Lasorte Trieste 14/09/06 - BorgoTeresiano- Negozio Cinesi
Lasorte Trieste 14/09/06 - BorgoTeresiano- Negozio Cinesi

TRIESTE In via Torrebianca non si vede nemmeno un cane. E non si fa per dire. L’ultimo rimasto a tener su baracca nei suoi 150 metri quadrati tra cappotti, portafogli, borse, cover per cellulari e tanto altro è un giovane di circa trent’anni. La sua vicina, pochi numeri più in là, ha chiuso giusto in questi giorni il proprio negozio dopo sei anni di attività. Ebbene sì, la crisi colpisce anche i cinesi, e pure durante tutto l’anno. Tanto che alcuni addirittura fanno fagotto e abbandonano Trieste.

 

A Trieste i cinesi chiudono i negozi e si buttano nella ristorazione

 

Arrivati qui soprattutto agli inizi degli anni 2000, gli imprenditori dell’impero di Mao avevano aperto in particolare negozi nella zona della stazione ferroviaria e del borgo Teresiano, tra via Trento, via Ghega e via Roma, vendendo tessile, abbigliamento e calzature. Lì alcuni sono rimasti. Anche se negli ultimi anni il settore manifatturiero ha preso a non convenire nemmeno più a loro. E ora gli imprenditori cinesi seguono il trend di quelli italiani: più cibo e servizi di estetica.

 

 

Si fermano dunque sempre nel settore terziario. Ma a Trieste la nuova frontiera economica cinese corrisponde ai bar, un po’ meno ai ristoranti, che in totale comunque, conti alla mano, sono ben 68 sparsi in tutta la città: da largo Barriera alle Rive, a Roiano. Nelle stesse zone si fanno largo anche esercizi per la cura della persona e dell’artigianato con parrucchieri, estetiste, massaggi, sartorie, lavanderie e prodotti per la casa. I numeri parlano chiaro. Nel 2008 le persone di origine cinese registrate alla Camera di commercio con in mano attività all’ingrosso e al dettaglio erano 237, nel 2016 sono scese a sole 91. Al contrario, i cinesi che si occupano di ristorazione sono passati da 26 a 119. E per la prima volta, dagli inizi del nuovo millennio, si è avuto uno stop nell’iscrizione a Trieste di nuovi immigrati dalla Cina. Anzi, c’è un calo. Come riporta l’Ufficio dell’anagrafe erano in 1109 nel 2012, sono rimasti in 1018. Hanno abbandonato la città in 90 e solo uno è defunto.

 

Trieste, il colosso cinese AZ Casa sbarca in Cavana
L’edificio all’angolo tra via Diaz e via Felice Venezian dove sbarcherà il colosso cinese AZ Casa

 

«La Cina, che oggi è un Paese molto più forte dell’Italia, ha aumentato il prezzo di tutti i prodotti che facciamo arrivare qui - racconta il titolare del negozio di via Torrebianca vicino a due bambini che giocano con il game boy, che non sono suoi figli, ma gli sono stati affidati temporaneamente dalla vicina che ha abbassato la serranda -. Se prima per un portafoglio pagavo all’ingrosso 2,50 euro, oggi mi costa 3,90 e ci guadagno appena 1,10. E poi la gente non ha nemmeno più soldi per comprarsi qualcosa del genere, ma per il caffè invece c’è sempre un euro in portafoglio». Elementi non da poco che si aggiungono «alla crisi e alle tasse da pagare». La convenienza non c’è più. Lui resisterà ancora un anno, il 2017. Poi vedrà che cosa fare.

Via Petronio. Dove sei anni fa l’Osteria da Italo era gestita da triestini. Oggi, così come molti bar ora in mano ai cinesi, c’è un ragazzo che fa polpette con manzo e prezzemolo e piccoli panini con salame. Imita insomma un po’ la taverna dei suoi predecessori.

 

A Trieste Marchi Gomma "rinasce" cinese FOTO
Clienti all'ingresso del "nuovo" Marchi Gomma

 

«Chi vuole lasciare qualcosa ai propri bimbi - spiega Alessia Sun, parrucchiera e titolare di Astri da quattro anni -, prende un bar. Tra scontrini, tasse e costi troppo alti, chi glielo fa fare a vendere vestiti, quando ci sono negozi che espongono la stessa merce a un prezzo ancora più basso?». In via Timeus, dove addirittura convivono due negozi di parrucchiere attaccati l’uno all’altro, uno gestito da imprenditori cinesi, l’altro da italiani, si affaccia pure un centro estetico. Esclama Alessia: «Avete mai visto dei cinesi a Barcola? No, perché noi lavoriamo sempre, questa è la nostra forza e poi mettiamo prezzi bassissimi. Magari guadagniamo poco, ma qualcosa portiamo a casa».

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