Cominciare da Giulio per cambiare

La ricerca di un’identità comune per il nuovo governo M5s-Pd passerà attraverso scelte simboliche, che saranno o saranno lette come compiute “contro” un’esperienza di governo tramontata all’improvviso. C’è una questione, aperta da tre anni e mezzo, sulla quale si può e si deve in fretta dimostrare un cambio di passo. Non è una sfida “contro” ma “per”, qualcuno e qualcosa. È la ricerca della verità, non di una verità, per Giulio Regeni.

Il governo M5s-Pd, al di là del timore di elezioni, ha una sola strada per sopravvivere al fuoco di fila dell’opposizione di destracentro: trovare in fretta un terreno comune programmatico, ma prima ancora un patrimonio di valori condivisi al riparo dalla fisiologica dialettica tra alleati che avrà comunque punte aspre, considerata la storia recente dei rapporti tra le due forze. La ricerca di un’identità comune passerà attraverso scelte simboliche, che saranno o saranno lette come compiute “contro” un’esperienza di governo tramontata all’improvviso. È l’ormai famosa discontinuità: invocata a più riprese, vedremo se attuata davvero e a quali fini specifici. C’è una questione, aperta da tre anni e mezzo, sulla quale si può e si deve in fretta dimostrare un cambio di passo: non solo rispetto al precedente esecutivo ma anche a quelli guidati da Renzi e Gentiloni. Non è una sfida “contro” ma “per”, qualcuno e qualcosa. È la ricerca della verità, non di una verità, per Giulio Regeni.

I genitori del ricercatore di Fiumicello massacrato in Egitto all’inizio del 2016 hanno chiesto immediatamente al ministro Di Maio debuttante agli Esteri di richiamare l’ambasciatore italiano in Egitto. C’è e pesa, nella nuova maggioranza, chi lo ritiene un gesto controproducente: esattamente in linea con quanto l’Italia ha (anzi, non ha) fatto finora. Se ne discuterà, immaginiamo, come immaginiamo abbia fatto il presidente Conte con il leader del Cairo Al Sisi, al G7 di Biarritz. Ma di parole che non riescono a coprire i silenzi, né a sostituirsi a un processo credibile, chi ha a cuore la vicenda di Giulio come simbolo dei diritti umani e della speranza di costruire un mondo diverso e migliore, non sa più cosa farsene. Se non si ritiene la rottura formale dei rapporti diplomatici il gesto più utile, se ne scelga un altro. Ma se davvero si vuole cambiare l’Italia, superando la stagione dell’odio come quella di una realpolitik dai lati oscuri, iniziare dal nome di un giusto e da una causa giusta può solo fare giustizia: cioè del bene per tutti.
 

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