Comincia il dopo-Esof e Conte rilancia Trieste: «Qui la scienza costruirà il futuro»

Il premier assicura il sostegno: «Il progresso è un veicolo di pace e la città, multietnica e piena di eccellenze, è un modello»

TRIESTE Luogo simbolo della diplomazia scientifica e attrattore di cervelli internazionali grazie ai suoi centri di ricerca. Per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Trieste è la città ideale per «costruire qualcosa destinato a svilupparsi anche in futuro». Il premier crede nelle potenzialità della capitale europea della scienza 2020 e, nella cerimonia di chiusura dell’EuroScience Open Forum, apre la porta all’impegno del governo per la città, indicata come contesto esemplare per attuare quelli che il primo ministro indica come i pilastri per ridisegnare il mondo nell’era post Covid attraverso la ricerca.



All’ingresso del nuovo centro congressi realizzato in Porto vecchio, Conte comincia subito con una carezza a Trieste: «È la città italiana – dice ai giornalisti che lo attendono – con il più altro numero di ricercatori rispetto al numero di abitanti. Sono qui concentrati dei poli scientifici di assoluto rilievo internazionale. Quindi oggi (ieri, ndr) è un momento importante e simbolico anche per lanciare questa prospettiva futura, dobbiamo lavorare sull’innovazione tecnologica, sulle tecnologie più avanzate e gli scienziati italiani sono all’avanguardia in questo».



Dal palco di Esof, Conte esordisce ringraziando il «caro amico» Stefano Fantoni e sottolinea che «la scienza è fattore decisivo e imprescindibile in tutte le politiche di sviluppo». Poi il premier si sofferma sul rapporto storico fra Trieste e la scienza: «Con la sua grandiosa bellezza e la sua specialissima storia, Trieste offre una cornice ideale per questo evento e per riflettere in questo travagliato presente sul rapporto tra scienza e società attuale e futura. Trieste è città di frontiera e luogo privilegiato di incontri, dov’è nata una società multietnica e plurilingue, dove sono prevalsi la forza del dialogo e il valore della convivenza sui tentativi di riduzione della complessità sociale e culturale, non raramente orientati ad affermare la sopraffazione di una cultura sulle altre. Dalle ferite della storia, Trieste ha imparato il valore della contaminazione: dal suo essere ponte e luogo di incontro deriva il suo patrimonio scientifico».

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La diplomazia scientifica

Il presidente ricorda così la nascita di quelle istituzioni scientifiche, prima fra tutte il Centro internazionale di fisica teorica (Ictp), che dagli anni Sessanta simboleggiarono il tentativo di superare l’isolamento di una città che sorgeva sulla Cortina di ferro e che attraverso la scienza provò a guardare ben oltre l’Europa divisa in blocchi, ospitando studiosi provenienti da tutto il mondo e in particolare dai paesi in vita di sviluppo. Per Conte, si trattò e si tratta ancora oggi di «un modello unico di collaborazione internazionale e diplomazia scientifica, perché la convivenza si persegue anche attraverso i potenti strumenti della scienza: un esempio per una strategia europea di cooperazione internazionale che garantisca relazioni pacifiche fra paesi, basate sulla circolarità del sapere e sulla mobilità scientifica. La mobilità è sempre un valore e non una minaccia. La scienza parla un linguaggio universale in un luogo paradigmatico come Trieste, che può essere un modello ogni volta che si parla di costruzione della pace». Il premier ricorda e cita il fondatore di Ictp Abdus Salam, sottolineando che «il pensiero scientifico è patrimonio comune e condiviso dell’umanità: per questo Trieste mi è apparsa subito come candidata ideale per ospitare questa edizione di Esof».

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Le sfide post Covid

Poi Conte volge lo sguardo al panorama internazionale e invoca la scienza «per affrontare pressanti problemi comuni, come il contrasto alla crisi innescata dalla pandemia, l’emergenza climatica, le sfide della sostenibilità ambientale», ma il premier non dimentica anche le difficoltà a tenere insieme «scienza, società e politica», in una fase difficile in cui «i dubbi che vanno di pari passo all’indagine scientifica sono stati fonte di smarrimento per una parte dell’opinione pubblica e, nei casi peggiori, di una disillusione che alimenta pulsioni antiscientifiche», la cui manifestazione più evidente sono le recenti marce dei negazionisti del Covid.

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I quattro pilastri e Trieste

Ma il domani, secondo Conte, non si potrà scrivere senza l’apporto della scienza. «Nel mondo che ci sarà restituito dall’emergenza Covid – ragiona il presidente – abbiamo quattro obiettivi prioritari: favorire la ricerca integrata, multidisciplinare, complessa; rafforzare la ricerca di base; promuovere la ricerca mission oriented in cui i ricercatori si pongano al servizio del mondo reale e delle imprese; avvicinare la ricerca alla formazione, perché il mercato del lavoro pretende competenze aggiornate e l’obsolescenza delle conoscenze impone che i percorsi formativi vedano il trasferimento di competenze aggiornate».



E qui arriva l’ultima coccola a Trieste: «Come governo ci concentriamo affinché tutto ciò si realizzi. Il Recovery Fund è una grande opportunità, grazie al cospicuo ammontare di risorse per investimenti nella ricerca. Dobbiamo recuperare il senso dell’unitarietà della ricerca, una visione prospettica che le singole scienze da sole non possono restituirci: uno sguardo di sintesi a servizio della politica, chiamata a prendere le decisioni. Avere cura del destino dell’uomo: Trieste è il luogo giusto per sperarlo e costruirlo insieme con fiducia». —

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