Come vivere connessi in una sorta di “far web”
Vivere connessi. Traendo beneficio dalla rete ed evitando i pericoli e i rischi che un contatto oramai continuo con il web può comportare. Le istruzioni per l'uso ha cercato di darle ieri Marino Niola, docente di Antropologia all'Università di Napoli ed editorialista di "Repubblica" che, nell'ambito di Trieste Next, ha presentato il suo libro intitolato "Hashtag. Cronache di un paese connesso", intervistato dal vice direttore del Piccolo, Alberto Bollis.
Dopo aver premesso che «e' fondamentale capire la portata umana dello strumento», Niola ha detto che siamo nel cuore di una grande trasformazione sociale e il linguaggio, in questi casi, subisce un'accelerazione, perché, essendo costretto a seguire il passo del cambiamento, deve individuare parole o tecniche verbali capaci di camminare in parallelo con la mutazione in corso. La quantità di informazioni che ci arriveranno addosso in futuro - ha aggiunto - comporterà una crescente difficoltà nel distinguere fa vero e falso, fra autentico e ciarlatano. Siamo in una sorta di "far web".
Bollis ha posto l'accento sul diritto all'oblio. «Ci sono persone morte - ha spiegato - la cui pagina di Facebook continua a essere frequentata e arricchita da altri. «Oggi abbiamo cimiteri digitali - ha risposto Niola - e sta cambiando anche l'elaborazione del lutto, perché la tecnologia permette di vivere, a distanza, ciò che per secoli si poteva fare solo andando fisicamente al cimitero».
Passando ad altro tema, il docente ha ricordato che «veniamo da una cultura che prevede che la memoria sia una proprietà individuale. Oggi abbiamo perso questa titolarità, in quanto la memoria e' quasi totalmente condivisa , ma abbiamo acquisito una straordinaria potenzialità, quella di attingere a una sorta di memoria collettiva, disponibile per tutti».
Bollis ha poi chiesto se c'e' un rischio implicito nella grandezza del web. «Si tratta di una dinamica che e' difficilissimo controllare - ha sottolineato Niola - e forse bisognerebbe introdurre nelle scuole la materia che riguarda l'utilizzo del social. Non dovrebbero pero' essere gli adulti, cioè i non nativi digitali, a insegnare, semmai i bambini esperti in materia, affiancati da adulti». Sull'argomento Niola ha fatto un osservazione: «Bisogna fare estrema attenzione, i bambini sono bravi tecnicamente, ma non possono capire fino in fondo i contenuti, l'importanza della credibilità delle fonti, il valore dei concetti che riescono a maneggiare. Il pericolo maggiore - ha concluso - sta nel fatto che un ragazzino, che sa operare sul piano digitale, possa credere di essere autosufficiente, mentre in realtà deve imparare ancora tutto della vita».
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