Colombin sotto sequestro: l’ansia dei 72 dipendenti
Sulla Colombin tira anche aria di agitazioni sindacali. Il sequestro degli immobili della storica società di tappi disposto dal Tribunale su sollecitazione del procuratore Federico Frezza, che ha avanzato anche richiesta di fallimento dell’azienda, ha gettato nel panico i 72 dipendenti. La maggior parte di loro è già in cassa integrazione, vista la crisi in cui versa da anni l’impresa. Società che peraltro ha già fatto domanda di concordato.
E ora, con il sequestro e lo spettro del fallimento, piove sul bagnato. Cgil, Cisl e Uil (comparto edilizia) hanno convocato per domani un’assemblea per discutere sulle prospettive future alla luce dei provvedimenti della magistratura. Atti inevitabili, visto quanto scoperto sul giro di soldi legato alla compravendita immobiliare della società, del valore di 8,5 milioni di euro: in particolare il contratto preliminare del 2 marzo, stipulato tra la Colombin & Figlio spa (venditrice) e il fondo inglese Gepro Investments Partners Ltd (acquirente). Il trasferimento al fondo inglese è avvenuto con il rilascio di una fideiussione a garanzia del pagamento: una fideiussione in cui è comparsa una banca di Cipro del Nord (l’autoprocalmata “Repubblica Turca di Cipro del Nord”) e che - si legge negli atti giudiziari - «si è rivelata falsa».
Gli accertamenti sono stati innescati proprio dal Tribunale, e in particolare dal commissario giudiziario incaricato Mario Giamporcaro. Di qui l’intervento della Procura.
La prossima delicata tappa è in programma venerdì 11 settembre: l’udienza dal giudice Daniele Venier per discutere il procedimento.
Intanto il fronte sindacale, come si diceva, è sul piede di guerra: domani l’assemblea, si attende proprio l’11 settembre per definire i percorsi da intraprendere.
«Siamo già reduci da una recente assemblea – spiega Massimo Marega, segretario Fillea-Cgil – indetta per capire la situazione. D’altronde finora da parte dell’azienda avevamo ricevuto soltanto notizie di alcune difficoltà. Ma a fronte di una procedura concorsuale in atto e a fronte del fatto che l’affitto del ramo di azienda da parte della nuova società ad oggi non ha creato quelle condizioni che i lavoratori e le organizzazioni sindacali si aspettavano, è evidente che si sta palesando l’ennesima crisi industriale».
«Si sperava nella nuova società – aggiunge Marega – ma ad oggi le notizie sono molto negative. Al momento siamo d’accordo con i dipendenti di aspettare cosa succede l’11 per poi eventualmente predisporre iniziative specifiche. Su un territorio che, va detto, di fatto ormai è de-industrializzato. E questo è il vero problema di fondo». —
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