Colombi all’assalto. La difesa dei bar: salatini meno in vista
Sono così abili e intelligenti da sapersi scegliere le patatine croccanti dai tavolini dei bar, da attraversare la strada in mezzo al traffico, anche facendosi passar sopra le auto avendo calcolato che lo spazio vitale c’è: spericolati, caracollanti, e tanti, i colombi di città sono (come ormai i gabbiani) perfettamente inurbati ma poiché ancora non chiedono permesso danno fastidio, qualcuno perfino li teme. E se svolazzando fanno cadere per terra bicchieri, piattini, calici e coppette ai baristi sale pericolosamente la pressione. Parte adesso una campagna di contenimento. In accordo fra Comune e Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi. Che per fortuna non prevede nulla di men che civile: solo dissuasione. Esporre meno cibi all’aria aperta, servire gli stuzzichini in contenitori adatti, o chiusi, o coperti, o monodose. Come si fa in Germania e Francia (ma lì soprattutto per difendersi dalla pioggia frequente).
Gli arredi esterni dei pubblici esercizi sono ormai una question di Stato, e ci entrano come problema in più, dopo sedie, ombrelloni e fioriere, anche gli animali di città. «Abbiamo parlato con tanti Comuni - dice l’assessore Umberto Laureni -, per capire come si comportano. La soluzione migliore è impegnarsi nella ricerca di contenitori adatti per salatini e affini, e fare una campagna che convinca al divieto di alimentare per strada tutti gli animali, come da ordinanza vigente». D’accordo Bruno Vesnaver, presidente Fipe: «Collaboreremo col Comune, proprio oggi abbiamo una riunione con gli associati, la prossima settimana daremo le prime indicazioni: cambiare tipologia di contenitori è l’unica strada». E le deplorevoli idee girate l’anno scorso, di lanciare alla caccia dei colombi bambini armati (pare incredibile) di pistole ad acqua? Il massimo di diseducazione e inciviltà? «No no - assicura Vesnaver deciso -, nulla di tutto questo nel modo più assoluto».
Chiede di essere interpellata per ogni decisione del genere l’Enpa, convenzionata con la Provincia per la tutela della fauna selvatica, categoria in cui rientrano anche i cittadinissimi colombi e che ha censito tutte le “famiglie” di gabbiani che vivono stabilmente a Trieste: 280 coppie. «Non bisogna prevaricare, ma trovare una convivenza ragionevole e sensibile tra uomini e animali, dove siamo noi i più evoluti e anche quelli che creano le peggiori situazioni di alterazione degli equilibri - afferma Patrizia Bufo, neopresidente provinciale -, la regola d’oro è non dare cibo per strada a colombi, gabbiani, cornacchie, cinghiali, gatti, caprioli. Comune ed esercenti ci parlino, sarebbe un loro dovere: conosciamo caratteri, abitudini e problemi di tutti gli animali, troviamo una soluzione insieme».
L’Enpa cura ben 2500 animali ogni anno. È contro l’ipotesi della sterilizzazione dei colombi («non serve»), che invece sarebbe utile per i monogami gabbiani che vivono oltre 20 anni. Lo si è fatto per un periodo, poi basta. Cassata la feroce, crudele pratica di rompere le uova deposte: mamma gabbiano “dialoga” con l’embrione 7-8 giorni dopo aver deposto l’uovo. Superato il lutto, torna fertile e ne depone un altro. L’Enpa salva 300 piccoli ogni anno.
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