Collio, 1500 occupati e 10 milioni di bottiglie
CORMONS. Una produzione annua da 10 milioni di bottiglie. Una presenza sul territorio di circa 300 aziende con 1500 occupati fissi di media senza considerare il periodo vendemmiale, quando i numeri sui lavoratori possono aumentare anche di cinque volte per le settimane di raccolta dell'uva.
Un sistema capace di muovere milioni di euro per un mercato che guarda innanzitutto all'Italia, ma sempre più a Stati Uniti e Germania, gli altri grandi obiettivi delle etichette nostrane. Sono numeri e dati che riguardano il movimento Collio, che si candida a patrimonio mondiale dell'Unesco forte anche di queste cifre, oltre che di un territorio paesaggisticamente unico.
Il quale guarda, per centrare il traguardo-Unesco, all'esempio fornito dalle Langhe e Monferrato: «Vogliamo copiare la loro idea vincente - sottolinea il sindaco di Dolegna Diego Bernardis, promotore della candidatura assieme alla Brda - hanno fatto squadra unendo le competenze e le abilità dei privati e del pubblico, creando una Fondazione ad hoc che ha poi centrato l'obiettivo parigino».
«È una strada, quella della Fondazione, che vorremmo seguire anche noi: anche se le differenze ci sono, perché mentre in Piemonte il territorio è tre quarti vigneti e un quarto boscato, qui c'è equilibrio tra le due realtà. Ecco perché le polemiche di questi giorni sulle troppe vigne sono completamente prive di fondamento».
Sono settimane di grande fermento, infatti, quelle che sta vivendo il Collio, e non solo perché si è entrati a pieno regime nella stagione più importante per il sistema vitivinicolo, quello della vendemmia: c'è da rafforzare la proposta verso l'Unesco (convegni sul tema si sono visti nelle ultime settimane tra Capriva e Cormons), e c'è da affrontare anche la difficile questione dell'aumento della selvaggina che depreda i vigneti, con la conseguente polemica sui dissuasori acustici con cui i vignaioli cercano di difendere i propri campi.
Roventi le discussioni degli ultimi giorni su quello che debba essere il rapporto tra ambiente, agricoltura e uomo nel territorio, scaturite dalle parole del consigliere comunale di maggioranza Luca Buiat («se è vero che la popolazione degli ungulati è cresciuta perché non ci domandiamo se non lo sia anche la viticoltura intensiva? Troppi cinghiali o troppe viti?» si chiedeva l'esponente comunale cormonese, dando il la ad una reazione veemente del mondo vitivinicolo furibondo per le sue parole).
Ma quanto pesa il Collio nell'economia del territorio? A rispondere è il presidente del Consorzio omonimo Robert Princic: «La sola denominazione produce 6 milioni e mezzo di bottiglie all'anno, ma ci sono anche aziende che ne realizzano fuori denominazione circa un altro milione».
«Se a questi numeri aggiungiamo quelle realtà che vinificano anche sull'Isonzo si arriva ad almeno altre 2 milioni e mezzo di bottiglie: totale più di 10 milioni, senza contare il vino sfuso, che però è sicuramente marginale nelle cifre rispetto al resto».
Una potenza, dunque, che guarda al mercato italiano e straniero: «L'Italia è il primo obiettivo - conferma Princic - ma subito dopo il nostro ci sono i mercati di Usa e Germania che richiedono i nostri prodotti. E sempre più le 300 aziende circa del nostro territorio guardano verso Scandinavia, Russia, Cina e Giappone».
«La viticoltura è fondamentale per il Collio - commenta il presidente dell'Enoteca cormonese Dario Raccaro - oserei dire che quasi tutta l'economia territoriale, direttamente o indirettamente, si basa sul vino, commercialmente e turisticamente. E c'è molta attenzione al rispetto dell'ambiente: per questo polemizzare contro il mondo agricolo è sbagliato. Una volta si usavano molti più strumenti contro la fauna, e i trattamenti li concludiamo a metà luglio. I nostri vigneti sono come giardini».
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