Collezionisti di ”autobus in pensione”

La passione dei fratelli Tarlao di Muggia: dal Menarini 409 all’Avtomontaža sloveno
TRIESTE Ha quarant’anni ma tutto sommato non li dimostra. Magari necessiterebbe di un leggero lifting, eppure le sue misure sono ancora prorompenti: 140 quintali di massa, 10 metri di lunghezza, 3,20 di altezza, 2,50 di larghezza. La “strana creatura”, la prima di una splendida ed eterogenea famiglia parcheggiata in un capannone coperto, si presenta così, affascinante e sobria al tempo stesso, con quel colore verde smeraldo che sa di un antico sempre attuale. Il Fiat 409 Menarini, autobus che era in servizio a Muggia sino alla fine degli anni Novanta, in grado di trasportare sino ad un massimo di 86 passeggeri, è solo uno dei tanti fiori all’occhiello di Fulvio e Dennis Tarlao, due fratelli muggesani che con invidiabile passione ed un pizzico di sana follia hanno raccolto negli ultimi dodici anni oltre una ventina tra autobus di linea e corriere che hanno fatto la storia della provincia triestina ma non solo.


Il sogno di proseguire la loro insolita collezione ora però cozza con la realtà: lo spazio che contiene questi “bestioni” non basta più. Da qui la proposta di aprire le porte e creare il Museo del Trasporto pubblico transfrontaliero.


Tutto ha inizio nel 1998. In quell’anno l’allora Act dà l’avvio a quello che si rivelerà essere un radicale rinnovamento del parco autobus della città (e poi della provincia) di Trieste. Decine e decine di automezzi pubblici con alle spalle centinaia di migliaia di chilometri sul motore vengono mandati in pensione. La maggior parte finisce il proprio glorioso operato in qualche autodemolizione locale. Ma qualcuno riesce a scamparla, proprio grazie all’intervento dei Tarlao e di qualche lungimirante dirigente della Trieste Trasporti. "Nostro padre era un autista di bus a Muggia, io stesso come lavoro faccio l’autista delle linee 27 e 50: per me era quasi un obbligo morale salvaguardare questi mezzi di trasporto che bene o male sono state parte integrante della vita di almeno tre generazioni di triestini", spiega con enfasi Fulvio Tarlao.


Il trentanovenne muggesano è tra i fondatori dell'InBUSclub, l’associazione costituitasi ufficialmente nel 2004 per preservare e valorizzare gli automezzi locali che a livello provinciale conta una decina di persone attive coordinate dal presidente Dennis Tarlao. Le creature del club che stazionano in uno spazio messo a disposizione da parte di una nota azienda locale in Zona industriale contiene diversi soggetti unici, senza uguali. Esempi? Il Man Sg220 Avtomontaža del 1987, autosnodato proveniente dalla vicina Koper (l’InBUSclub è in ottimi rapporti sia con la Slovenia che con la Croazia), oppure il Fiat 409 De Simon color arancione del 1968 con guida a destra, utilizzato soprattutto come linea della 35. Un altro gioiellino è il piccolo ma robusto Iveco 4x4 De Simon del 1987, mentre una vera e propria chicca è il Fiat 640N “Carro Torre”, non un autobus bensì un camion del lontano 1949 utilizzato per riparare i cavi utilizzati dai vecchi filobus.


Il bottino dei fratelli Tarlao è segregato in un capannone coperto, ma non sono parcheggiati in maniera fissa come dei vecchi pensionati agonizzanti. Anzi. Quasi tutte le macchine sono funzionanti tanto da mettersi saltuariamente in mostra durante i raduni organizzati in giro per l’Italia e nel maggio del prossimo anno, il sodalizio organizzerà proprio un incontro nel capoluogo regionale. "Il trasporto offerto dalle corriere è sempre stato una garanzia di collegamento tra i vari popoli che si affacciano a Trieste – chiosa il trentunenne presidente Dennis Tarlao – ed è per questo che il nostro obiettivo è quello di trovare una locazione pubblica a questo patrimonio raccolto negli anni per creare un Museo del trasporto transfrontaliero".

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