Colibrì, 10mila euro al mese per omogeneizzati e banane
Il Tribunale ha ordinato un sopralluogo alla serra di Miramare dove vivono i residui 15 colibrì in mezzo al sempre più intricato affare giudiziario, economico, amministrativo, legale, politico, “animalista” e di Stato che ha travolto il Centro creato da Stefano Rimoli. Il sopralluogo con tecnici della Forestale è stato chiesto dalla Direzione regionale dei Beni culturali, che a suo tempo si è fatta responsabile della questione, e che, in conseguenza del sequestro preventivo degli animaletti concordato a garanzia degli ingenti debiti verso il ministero, si è dovuta accollare il mantenimento dei preziosi uccellini.
Presto è arrivata la sorpresa. Quelle bestiole non più grandi di una farfalla, e ormai così poche dopo la vendita di decine di esemplari anche all’estero (per rifondere lo Stato), costano la bellezza di 10 mila euro al mese. Dal 2 settembre la Direzione regionale non solo deve pagare l’energia che serve per mantenere calda e illuminata la serra, ma anche i prodotti farmaceutici, gli omogeneizzati, la verdura e le banane da cui gli esperti del Centro ricavano il particolare nettare che tiene in vita gli incolpevoli uccellini.
Ieri dopo un’assenza di qualche mese il direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, ha ripreso servizio in palazzo Economo. «Quando, per disposizione ministeriale, ci è stato chiesto di provvedere al mantenimento dei colibrì, per i quali abbiamo già superato e risolto infiniti problemi - dice Martines -, ho detto di sì: non c’era problema. Tutti abbiamo avuto pappagalli, canarini, sappiamo com’è. Un costo irrisorio. E invece, la sorpresa. I colibrì costano 10 mila euro al mese, si sono fatti avanti i creditori. Dunque ho chiesto al tribunale un’ispezione, per capire in quale modo sono spesi questi soldi. Siamo lo Stato - dice Martines - spendiamo denari pubblici...».
Il tribunale avrebbe anche imposto alla Direzione regionale di saldare almeno 40 mila euro sollecitati dai fornitori. Rimoli infatti, forte del credito che gli deriva da questi accordi vigilati dalla magistratura, passa a comprare facendo mettere in conto. Ma i primi 25 mila euro arrivati a Trieste a corredo dei finanziamenti ministeriali per il restauro del parco di Miramare e dei muraglioni malandati del castello, a questo punto devono essere finiti.
E c’è un altro problema. Il costo di luce è stato messo a carico della Direzione regionale, quello dell’acqua no. Se ne preoccupa il soprintendente che ha in carico Miramare, Luca Caburlotto, autore dell’ingiunzione di sfratto e di una segnalazione alla Corte dei conti, nonché fiero avversario del progetto di riallestire le serre nuove (finanziate dalla Regione con 600 mila euro) per ospitare i colibrì e consentire il restauro di quelle “storiche”, vittime anche di un incendio. «Pago sempre l’acqua - si domanda Caburlotto -, poiché è stato messo un contatore (che non c’era) per misurare il consumo, ma né Rimoli né altri si sono fatti intestare l’utenza».
«L’acqua - risponde invece Martines - la paga il debitore, è intervenuto un accordo». Dunque ancora Rimoli. Ma con quali soldi? C’è il rischio che anche i 15 ultimi colibrì, «sequestrati», debbano essere venduti per ripianare la voragine, e che dunque dopo tutto questo calvario non resti a Trieste nulla. Martines esalta l’enorme mole di problemi risolti per il rientro dei debiti, avvenuto solo in parte, ma afferma: «Non è obbligatorio che i colibrì restino a Miramare, ma è gradito. Serve un progetto esecutivo che stia in piedi economicamente, una gestione che si mantenga autonoma. Se potranno restare a Trieste, non saranno venduti. Ma serve l’assenso del Ministero, e anche quello ineludibile del soprintendente». Entro un paio di mesi ci sarà un sì o un no. Intanto: indagare e pagare.
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