Colesterolo buono? Non mette in salvo dal rischio infarto

Lo yin-yang del colesterolo buono-colesterolo cattivo è diventato ormai il tormentone dei nostri esami del sangue. Il colesterolo "cattivo" è quello che circola legato alle lipoproteine a bassa densità (Ldl-C). Favorisce l'aterosclerosi e quindi le malattie cardiovascolari, come l'infarto cardiaco e l'ictus cerebrale. Dal momento che è controllato dai geni, se è troppo alto non c'è soluzione per ridurlo se non quella di ricorrere alle statine (sono oggi tra i farmaci più venduti al mondo).
Il colesterolo legato alle lipoproteine ad alta densità (Hdl-C) è invece quello "buono": il dogma vuole che protegga dall'aterosclerosi perché traghetta il colesterolo in eccesso nel sangue verso il fegato, dove questo viene eliminato. Se questo è l'assioma in questo momento, qualcosa sembra comunque non quadrare. Avere il colesterolo-Hdl elevato non necessariamente fa bene di per sé, dal momento che esistono individui che vanno incontro all'infarto pur avendo alti livelli di Hdl-C. Prova ne è che ben tre farmaci prodotti da altrettante imprese farmaceutiche negli ultimi dieci anni con lo scopo di aumentare il colesterolo-Hdl sono falliti durante la sperimentazione. C'è qualcosa, quindi, che ancora non comprendiamo.
Daniel Rader, genetista e lipidologo dell'Università della Pennsylvania, riporta ora su Science che, studiando oltre 800 individui con il colesterolo Hdl elevato, ha trovato una signora di 67 anni che mostrava gravi segni di aterosclerosi nonostante avesse oltre 150 mg/ml di Hdl-C, quasi tre volte il livello normale. Sequenziandone il Dna, Rader ha scoperto che la signora aveva una mutazione in entrambe le copie del gene Scarb1, una proteina espressa nel fegato e indispensabile per consentire alle Hdl di scaricare il colesterolo in quest'organo per poi essere eliminato. Estendendo l'indagine, altre 284 persone con una singola copia mutata dello stesso gene avevano un rischio di infarto e ictus l'80% superiore alle persone normali, paragonabile a quello dei diabetici o dei fumatori, indipendentemente dai livelli elevati di colesterolo-Hdl.
Le mutazioni di Scarb1 sono rare, e analizzarle nella popolazione generale non potrà essere di grande utilità. Ma la scoperta è importante, perché mostra che è inutile affannarsi ad aumentare il colesterolo-Hdl se non si agisce sui meccanismi a valle del suo effetto. Il concetto è particolarmente succulento per l'industria farmaceutica, in quanto Scarb1 e le altre proteine coinvolte nello smaltimento del colesterolo nel fegato sono bersagli ideali per sviluppare farmaci in grado di proteggere contro l'aterosclerosi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo