«Col defibrillatore potevamo salvarlo»

Così Massimo Romita, il segretario della squadra in cui militava Andrea Miorin, morto durante una partita per arresto cardiaco
Di Corrado Barbacini

Senza rete, a proprio rischio e pericolo. Così ogni sera, con qualsiasi tempo, scendono in campo centinaia di calciatori amatoriali che si cimentano negli svariati tornei. Una grande passione che muove migliaia di dopolavoristi del calcio. A bordo campo non ci sono nè un’ambulanza e nemmeno un defibrillatore. La presenza obbligatoria di questa apparecchiatura è stata prescritta dal decreto legge del ministro della sanità Renato Balduzzi che porta la data del 13 settembre 2012. Ma al momento manca la circolare che definisca i termini di applicazione della norma. E così anche a Trieste si va avanti praticamente al buio, a proprio rischio e pericolo. Come è accaduto l’altra sera nel campo di Basovizza. Un infarto ha fulminato Andrea Miorin, 43 anni, attaccante del gruppo sportivo Ajser. Ha avuto un mancamento durante l’incontro con Hops Beer Shop durante una partita della Coppa Venezia Giulia. All’improvviso è stramazzato a terra.

Le sequenze degli ultimi minuti sono agghiaccianti. Il giocatore stava per tirare una punizione. Ma all’ultimo momento non se l’è sentita. Ha detto a un altro compagno in campo di tirare lui. Ed è stato a questo punto che si è accasciato e poi è caduto sull’erba. Respirava sempre più a fatica. Subito Bruno Metlika della sua stessa squadra (che si trovava vicino durante l’azione) ha tentato un massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. Poi sono arrivati anche altri giocatori e i dirigenti. Ma a nulla sono serviti i soccorsi immediati. Come a nulla quelli, pochi minuti più tardi, quelli effettuati dai sanitari del 118. I quali hanno cercato di rianinarlo per quasi un’ora. Effettuando il massaggio cardiaco e tutte le operazioni di emergenza necessarie e indispensabili in questi casi.

«Se ci fosse stato un defibrillatore, forse si sarebbe potuto salvare», dice con la voce emozionata Massimo Romita, segretario della squadra in cui militava Andrea Miorin. Aggiunge: «Almeno ci sarebbe stata una probabilità di salvarlo». Romita ha fatto una vera e propria battaglia per l’adozione dei defibrillatori nelle palestre e nei campi di calcio. Tanto che quando era vicesindaco della giunta di centrodestra a Duino-Aurisina - era riuscito a far stanziare dalla giunta la somma di 4mila 500 euro. E ora la morte del suo giocatore suona per lui come una tragica e incredibile beffa.

Intanto il pm Maddalena Chergia, il magistrato titolare del fascicolo, sta valutando l’opportunità di disporre l’autopsia. Non solo per stabilire le cause della morte ma soprattutto per verificare le eventuali patologie pregresse e di conseguenza anche le responsabilità di chi avrebbe dovuto controllare e accertare le condizioni di salute del calciatore.

Ieri mattina i carabinieri della stazione di Basovizza hanno intanto effettuato alcuni accertamenti sull’episodio tragico che è avvenuto nel campo comunale dello Zarja affittato per l’occasione dagli organizzatori del torneo di calcio a sette. Lo scopo è quello di verificare anche eventuali responsabilità connesse. In pratica si tratta di individuare eventualmente chi tra dirigenti dello Zarja o tra gli organizzatori del torneo doveva mettere in pratica tutte le misure per intervenire con sollecitudine per soccorrere il calciatore e evitare il tragico epilogo. «Il campo era stato affittato con la stipula di un contratto agli organizzatori», dice Robert Kalc, uno dei dirigenti dello Zarja. Aggiunge dispiaciuto: «Purtroppo non abbiamo questo strumento». Luigi Pozar, segretario della stessa società sportiva mette le mani avanti. «Non ne so nulla di questa storia del defibrillatore. Non ne sono al corrente e non ho nulla da commentare. È chiaro che se dovessero essere ravvisate responsabilità dovranno essere discusse nele sedi opportune». Come dire che della tragica disgrazia se ne potrà parlare in un’aula del Tribunale, davanti a un giudice. Altro - ripete - non vuole commentare. Vuoi soprattutto per il dolore profondo provocato dalla morte improvvisa e inaspettata di un giocatore che fino a un anno fa militava tra i dilettanti. Indossava fino al 2012 la maglia del Turriaco e solo da pochi mesi aveva deciso di lasciare l’agonismo per passare ai tornei amatoriali.

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