Clochard, regge il piano comunale di aiuti
In questi giorni di eccezionale ondata siberiana - mentre in mezza Europa decine di clochard ci stanno lasciando la pelle - il piano “emergenza freddo” del Comune sta reggendo l’urto. Oggi, e non da oggi, ma in particolare oggi, qualunque homeless dichiari di aver bisogno di un tetto per la notte e di buttare giù qualcosa di caldo - e di questi tempi qui ce ne sono una settantina in tutto - non viene lasciato all’addiaccio. «Le realtà che operano in questo settore stanno rispondendo bene, il piano di rete dell’amministrazione cittadina sta funzionando», premette don Roberto Pasetti, il responsabile della Caritas. «All’occorrenza - spiega l’assessore ai Servizi sociali Laura Famulari - abbiamo aggiunto una disponibilità di posti in una locanda del centro». Essa si abbina alla ricettività attuale fatta già di 40 letti tra dormitorio e centro diurno gestiti dalla Comunità di San Martino al Campo in via Udine, di altri 20 in via Sant’Anastasio in una proprietà della parrocchia Immacolato Cuore di Maria, gestita a sua volta dalla Caritas (che ha in carico i 60 del Teresiano e altri per mamme e figli presso La Madre di via Navali) e di una decina ulteriore di posti in un immobile di via San Lazzaro col coinvolgimento dell’Ics.
Questo però non vuol dire che non ci sia nessuno che sta dormendo per strada. Saranno poco meno che una trentina quelli che continuano a sfidare le temperature in picchiata e pure il taglio delle panchine dandosi appuntamento, solitamente, nell’atrio della stazione. Armati di cartoni e coperte si sistemano in prossimità dei corridoi e degli imbocchi laterali, negli angoli più riparati, o nella zona di accesso ai binari da via Flavio Gioia, o ancora nei vagoni fermi poco più in là. Uomini e donne, anziani e giovani, stranieri e non, che per diversi motivi non se la sentono, rifiutano di dormire nei centri di accoglienza. C’è chi lo fa per dipendenza da alcol o peggio, chi per evitare che lo si scopra clandestino, chi perché ha problemi psicologici se non psichiatrici legati alla propria condizione, ma anche chi non se la sente di separarsi dal proprio partner perché nei dormitori maschi e femmine sono ovviamente divisi. «Fa impressione vedere queste persone fuori alla sera, qui non siamo in presenza di volontà romantiche di vivere sotto le stelle, ma di seri problemi relazionali, personali, condizioni di dolore che si dovrebbero sempre tentare di capire, fino in fondo», osserva Paolo Parisini, presidente della Comunità di Sant’Egidio, volontario delle unità di strada che si interfacciano con la Comunità di San Martino al Campo di don Mario Vatta, che ne è referente di fronte ai Servizi sociali. L’appello del Comune è che se qualcuno sfugge alle unità di strada, venga segnalato ai vigili, che poi attivano la rete di aiuti. Rete cui, se serve, si dicono pronti a contribuire dalla Croce Rossa, dove sono disponibili coperte e abiti pesanti, e pure dal Club Alpinistico Triestino, dove speleologi e alpinisti hanno deciso di attivarsi per far avere al dormitorio di don Vatta indumenti invernali e sacchi a pelo. (pi.ra.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo