Class action contro i medici antiabortisti
TRIESTE. Troppi ginecologi obiettori di coscienza «impediscono alle donne di esercitare il diritto a interrompere una gravidanza indesiderata». O, almeno, di farlo con la dovuta assistenza. Accade anche in Friuli Venezia Giulia: sono tre i casi segnalati nell’ultimo anno e mezzo. La denuncia, con tanto di class action, è di un’associazione di Padova, “Pensiero Celeste”, che diffida Debora Serracchiani a rimediare, entro novanta giorni, al riequilibrio tra obiettori e non obiettori, nel rispetto della legge. Altrimenti, fa sapere il presidente Andrea Napoli, scatterà il ricorso al Tar. La questione, ha ricordato “Pensiero Celeste” in conferenza stampa a Roma, è regolamentata dalla legge sull’aborto, la 194 del 1978.
L’associazione ne rileva la mancata applicazione dopo aver raccolto una ventina di segnalazioni in tutta Italia. Mamme, spiega Napoli, costrette all’aborto per motivi anche terapeutici ma respinte da più di un ospedale o abbandonate a sé stesse e lasciate partorire da sole senza alcuna assistenza. «Gli viene semplicemente affidato un campanello da suonare ad espulsione avvenuta del feto», fa sapere. Nel mirino c’è in particolare il non rispetto della garanzia del 50% di personale non obiettore nei reparti di ginecologia e ostetrica. Una percentuale che non viene tenuta in considerazione, assicura Napoli, in tutta Italia (sono state diffidate tutte le Regioni, tranne il Lazio). In Friuli Venezia Giulia, rende ancora noto l’associazione veneta, le segnalazioni al vaglio sono tre ma, per motivi di privacy, non vengono comunicate le strutture interessate. L’informazione riguarda invece i numeri degli obiettori Fvg: “Pensiero Celeste” ne conta in regione 67 tra i ginecologi (60,4%), 39 tra gli anestesisti (36,1%), 174 nel personale non medico (30,5%). Partendo da queste cifre, la class action chiede al ministro della Sanità e alla presidente Serracchiani di intervenire controllando che, nella corretta applicazione della 194, venga garantito il servizio di interruzione volontaria di gravidanza in tutte le strutture ospedaliere ove previsto. In particolare il governatore, «quale organo preposto al controllo e all’individuazione delle azioni da intraprendere, dovrà favorire un riequilibrio del personale medico e infermieristico, come disposto all'articolo 9 della legge, attraverso la mobilità del personale nell'ambito di livelli minimi e di una programmazione regionale che preveda almeno il 50% di personale non obiettore». «Il diritto alla salute e del libero arbitrio vanno sempre e comunque riconosciuti – rileva ancora Napoli –. Le mamme, oltre a soffrire per una scelta che porteranno come una croce per tutta la vita, si trovano spesso porte sbattute in faccia e, di conseguenza, sono obbligate a percorrere autostrade infinite per raggiungere un ospedale che permetta loro di abortire. Molto spesso anche in condizioni di salute già compromesse. Questo non è tollerabile». A Serracchiani vengono concessi 90 giorni per farsi carico del problema. «In caso contrario – avverte il presidente dell’associazione – ci rivolgeremo al Tar regionale proponendo ricorso».
Nella diffida, "Pensiero Celeste" chiede inoltre un’azione ad ampio raggio per «valorizzare e ridare piena centralità ai consultori familiari quale servizio fondamentale per attuare vere politiche di prevenzione nonché per l'attivazione del percorso per l'interruzione volontaria della gravidanza», con l’obiettivo di proporre l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica «come opzione alle donne, che, entro i limiti di età gestazionale imposti dalla metodica, devono poter scegliere quale percorso intraprendere». In agenda pure «la promozione della conoscenza dei diritti in tema di contraccezione di emergenza, anche tramite adeguate azioni informative sull'esclusione del diritto all'obiezione di coscienza per i farmacisti» e «la prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza mediante attività di educazione alla tutela della salute e di informazione sulla contraccezione nelle scuole di ogni ordine e grado».
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