Clandestini, presi i capi della tratta
Baja è una città situata nell'Ungheria meridionale. In un appartamento in periferia fino a pochi giorni fa c’era la base operativa per il traffico dei clandestini attraverso il confine di Trieste: la cabina di regia della nuova rotta balcanica.
A scoprirlo sono stati i poliziotti della Frontiera coordinati dal pm Federico Frezza. Nel mirino sono finiti coloro che hanno gestito l’ingresso di afgani, pakistani, siriani, somali, algerini, eritrei, sudanesi e gabiani. In totale almeno 300 persone in pochi mesi. Sono due ungheresi. Sono i boss dell’organizzazione. Si chiamano Oszkar Szabo, 42 anni e Tamas Szepsi, 52 anni.
Per mesi gli investigatori hanno intercettato le loro comunicazioni, i loro ordini. Sono stati arrestati nei giorni scorsi nel loro Paese e ieri sono stati estradati. Loi hanno caricati su un aereo e mandati, sotto scorta, a Fiumicino. A carico di Oszkar Szabo e Tamas Szepsi è scattato un mandato di cattura europeo emesso su richiesta del pm Frezza, il magistrato titolare del fascicolo.
La data è quella dell’8 ottobre 2013. Decine e decine di afghani stremati. I poliziotti della Frontiera li avevano trovati così, disperati e affamati mentre vagavano per il Carso. Hanno puntato subito ai passeur, facendo anche dei riscontri con rintracci verificatisi in altri periodi precedenti e successivi. Poi hanno cercato di decrittare attraverso le memorie dei telefonini dei clandestini e l’esame dei tabulati relativi ai più recenti contatti. In breve è emersa una sorta di mappatura della organizzazione che favoriva questo tipo di viaggio.
È emerso che in particolare alcuni membri dell’organizzazione ad Atene e a Salonicco provedevano a ingaggiare i clandestini giunti dalla Turchia. Li ospitavano in una casa nel villaggio macedone di Lojane, vicino al confine con la Serbia. Li inviavano in Serbia attraverso la Macedonia. Una volta entrati in Serbia i migranti venivano ragruppati nella zona di Subotica o Horgos al confine con l’Ungheria. E lì addirittura in certi casi sono stati fatti rintracciare dalla polizia per farli sistemare nel centro per i richiedenti asilo di Bogovadja. Questo per non spendere.
Quindi, l’ultima tappa, la parte finale del viaggio che è passata attraverso l’Ungheria. La partenza avveniva attorno alle 3 di notte nei pressi della località di Ruzsa a ridosso del confine con la Serbia. Dopo aver attraversato la Slovenia sono arrrivati in Italia a Basovizza.
Nel periodo tra ottobre 2013 e febbraio 2014 sono stati ricostruiti più di una trentina di viaggi gestiti dai due boss. In totale almeno 250 persone. Un flusso costante. Che dimostra come sia drammaticamente ripresa l’immigrazione clandestina attraverso la zona del Carso. Piccoli gruppi gestiti da organizzazioni criminali. Un assalto silenzioso: un esercito di disperati in cerca di fortuna. E alcuni di questi disperati potrebbero essere anche quelli che nei mesi scorsi si sono accampati in riva all’Isonzo, in provincia di Gorizia.
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