Cisint: «Una pagliacciata. Quest’anno scendo a vela lungo le coste italiane»

Monfalcone con in testa il sindaco si ribella alla decisione della vicina repubblica slovena. Strukelj della Lega navale: «Una scelta unilaterale che non è mai stata discussa» 
Bonaventura Monfalcone-02.03.2018 Zona futuri lavori-Lega Navale-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-02.03.2018 Zona futuri lavori-Lega Navale-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE Incredulità, amarezza, dispiacere. Monfalcone ha scoperto dalle pagine del giornale la notizia dello stop della Slovenia alle imbarcazioni senza targa. Ma se c’è chi annuncia una rivolta personale, come il sindaco Anna Cisint («quest’anno scenderò le coste italiane») velista fino al midollo e affezionata delle crociere e delle soste a Cherso sul molo di Martinscica, c’è chi, pur con grande disappunto, invita alla riflessione.



«È una questione nota da anni questa - spiega il presidente della Lega Navale di Monfalcone, Davide Strukelj - in Slovenia e Croazia i beni mobili come le barche sono considerate alla stregua delle automobili, sono registrate e hanno le targhe. Da noi è un’anomalia perché le barche sotto i 10 metri vengono considerate natanti e paragonate alle biciclette. Peccato questa scelta unilaterale, si poteva trovare un accordo».

Profondamente dispiaciuto il presidente della Svoc, Marco Centini. «Quando ho letto sul giornale la notizia non ci volevo credere - racconta - sono rimasto basito. E ho pensato subito all’unica regata che probabilmente avremmo potuto fare quest’anno visto che è a fine agosto con le norme anti virus allentate: la Monfalcone-Portorose. Sono trent’anni che si fa questa regata-veleggiata, molto popolare bellissima che prende due giornate di festa e divertimento. Non potremo farla più in queste condizioni a meno di un miracolo».

Tanti anni di rapporti e amicizia con il mondo del mare e della vela slovena che ora andranno perduti. «Perchè la gran parte delle barche che ospita la Svoc, almeno l’80% - dice Centini - è fatta di imbarcazioni sotto i 10 metri, natanti. E una larga parte dei soci è abituato a fare brevi mini crociere in Slivenia: partono il venerdì pomeriggio per raggiungere il marina di Isola, Pirano o Portorose e tornano alla domenica sera. Due giorni di serenità e divertimento dopo una veleggiata di 10 miglia, per fare il bagno, andare a mangiare in ristorante. Non per fare il pieno, le barche a vela hanno serbatoi da 50-70 litri. Ora è finito completamente. Mi dispiace tantissimo, la Slovenia si priva di una fetta importante di turismo».

Il dipiacere di Strukelj è diverso: «Peccato non aver mediato - ripete - il tema del contendere è di diritto sulla registrazione dei beni mobili. Per noi in Italia la questione natanti-barche è come la differenza tra moto e bicicletta. Per loro no. Anche dal punto di vista legale internazionale la situazione italiana è un vulnus. Da noi si utilizza l’escamotage di assicurare il motore della barca, in Slovenia e Croazia si assicura la barca. Mi dispiace solo per questa scelta unilaterale che non è stata mediata. Si poteva trovare un accordo tra i due paesi. Non fa bene nemmeno al loro turismo nautico».

Molto più dura Anna Cisint: «Sta venendo fuori un’Europa dove ognuno fa quello che vuole. Una pagliacciata. Io ho una barca dell’83 e sicuramente non vado a impelagarmi in una trafila burocratica costosissima per registrarla. Quando ho letto la notizia sono saltata sulla sedia. Ma stavolta è stato superato ogni limite e mi domando come sopravviveranno i marina di Isola, Portorose o Pirano. Una cosa è certa, ho deciso, quest’anno scendo a vela lungo la costa italiana». —

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