Cigni e germani morti, dossier in Procura
MUGGIA. «Abbiamo avviato le procedure previste nei casi di sospetto avvelenamento di animali informando l'autorità giudiziaria su quanto sta accadendo a Muggia». Ilario Zuppani, coordinatore della Struttura stabile della Vigilanza faunistica e venatoria di Trieste appartenente al Corpo forestale regionale (l'ex Polizia ambientale della Provincia), annuncia ufficialmente un passo molto importante in merito alla moria di uccelli acquatici - nello specifico germani reali e cigni - che da due settimane sta affliggendo le acque del rio Ospo. Un “giallo” ben lontano dall’essere risolto.
La situazione, infatti, rimane tuttora altamente critica. Zuppani ha recuperato un campione di sangue da un esemplare vivo di germano reale con l'aiuto dell'esperto veterinario di fauna selvatica Stefano Pesaro. «L'uccello era ammalato, ma vivo. Abbiamo raccolto e messo in una borsa frigo il sangue, e l’abbiamo poi consegnato all'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie recandoci nella sede udinese», racconta Zuppani. Il materiale è stato poi portato alla sede di Treviso dell'Istituto zooprofilattico. Il germano reale, invece, in base alla convenzione vigente tra Regione ed Enpa, è stato consegnato alle cure della sede triestina dell'ente nazionale che si occupa della cura di animali.
«Stiamo tutti aspettando di capire cosa stia accadendo nel rio Ospo - aggiunge il coordinatore della Struttura stabile della Vigilanza faunistica e venatoria di Trieste -. Per ora le ipotesi sono tante, che potrebbe essere data sia da causa umane sia naturali. Ad ogni modo, vista la situazione, abbiamo applicato le procedure di sospetto avvelenamento di animali informando la Procura». E tra le possibili cause della scomparsa degli uccelli acquatici, si è ipotizzato anche un tentativo di debellare le nutrie attraverso lo sfalcio delle piante infestanti con tanto di utilizzo di diserbante.
A tale proposito, in difesa dei grossi roditori, si è schierata la sede triestina della Lav. «La nutria è stata spesso accusata di provocare gravi danni all'agricoltura, ma in realtà è provato che questi sono solo marginali, perché la specie non pascola mai lontano dall'acqua e quindi non si addentra quindi per molti metri nei coltivi», spiega il Consiglio direttivo della Lav. Secondo gli ambientalisti «le tane scavate negli argini vengono incentivate dalla rimozione della vegetazione arborea e arbustiva ripariale. Le radici di alberi e cespugli che crescono sulle rive di canali e corpi acquatici, disturbano lo scavo del roditore, che predilige le sponde spoglie». Da qui la constatazione che la consuetudine di tagliare a raso le siepi e la vegetazione naturale «ha favorito la diffusione delle nutrie».
Tra l’altro, come son bastasse, la sera scorsa sono comparsi davanti al parcheggio Caliterna due ratti di grosse dimensioni. Le “pantegane” galleggiavano a pancia in su, oramai morte. Purtroppo per parte della fauna di Muggia un'estate decisamente nera.
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