Chiusure festive, Torri all'assalto contro la Regione

Mercoledì udienza al Tar. Raccolte anche in vari supermarket 11mila firme a favore delle domeniche aperte

FOTO BRUNI TRIESTE 06 06 09 CENTRO COMM LE TORRI
FOTO BRUNI TRIESTE 06 06 09 CENTRO COMM LE TORRI

TRIESTE. Sono rimasti in silenzio per mesi, dando quasi l’impressione di avere alzato bandiera bianca. In realtà, lontani dai riflettori, i “nemici” della legge regionale 29 - la norma sul commercio che ha introdotto rigorosi paletti per le aperture domenicali e festive - stavano solo perfezionando l’offensiva finale. Una strategia su più fronti che, nelle intenzioni degli imprenditori della grande distribuzione, dovrebbe dare la spallata definitiva al tetto delle chiusure obbligatorie, costringendo la Regione a fare dietro front.

Ricorso al Tar

La prima battaglia verrà giocata nelle aule del tribunale amministrativo. Mercoledì approderà infatti davanti al Tar il ricorso presentato dalla Società consortile Torri d’Europa per conto delle decine di negozi presenti nel centro commerciale di via D’Alviano, che punta ad ottenere la sospensione e l’annullamento degli obblighi imposti dalla legge 29. Una mossa che chiama in causa innanzitutto il Comune e la Direzione dell’Area commercio, estensori materiali della richiesta di comunicazione del calendario delle aperture festive che, in base alla norma, supermercati e grandi magazzini sopra i 400 metri quadri fuori dai centri storici sono obbligati a presentare. Quella comunicazione, secondo la società, poggia su presupposti illegittimi e discriminatori che violano la libertà d’impresa e calpestano i principi di uguaglianza presenti nella Costituzione e nella legislazione europea. Pertanto, secondo i ricorrenti, va annullata al pari «degli atti presupposti, coordinati o comunque connessi». Espressione che chiarisce come il cuore del ricorso, quindi, non sia tanto la procedura obbligata seguita dagli uffici municipali, quanto ciò che le sta a monte.

Risarcimento da 15 milioni

Vero bersaglio dell’azione legale avviata dalle Torri, infatti, non è l’amministrazione municipale che ha unicamente applicato gli articoli di legge, bensì la giunta Tondo che quella legge l’ha voluta e firmata causando così, secondo i vertici delle Torri, ingenti perdite di fatturato ai negozianti costretti a rinunciare agli incassi dominicali. E visto quindi che la Regione è considerata la vera responsabile del problema, è a quest’ultimo ente che viene presentato ora il conto: la richiesta di un maxi risarcimento danni da 15 milioni di euro.

Consiglio di Stato e Consulta

E se il Tar decidesse di bloccare il ricorso? Poco male, il piano di riserva è già delineato. «Abbiamo deciso di percorrere tutte le strade praticabili - spiega il presidente della società consortile Alberto Miani -. Siamo pronti a ricorrere in appello davanti al Consiglio di Stato e abbiamo anche già sollecitato il Tar a portare la questione davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte di giustizia europea. Ci batteremo quindi in ogni sede pur di veder riconosciuto il nostro diritto a lavorare incomprensibilmente violato da una legge ingiusta e di cui davvero non capiamo il senso».

Raccolta firme

L’offensiva però, come detto, è stata strutturata in modo da aggredire il problema da prospettive diverse. Oltre alla battaglia legale, quindi, è stata portata avanti un’attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sfociata nella campagna “Firma anche tu per tenere i negozi aperti la domenica”. Un’iniziativa che ha visto impegnati, oltre ai vertici delle Torri, anche i titolari dei supermercati Bosco, Zazzeron, Brico, riusciti a raccogliere in poco più di una settimana quasi 11mila sottoscrizioni. Cifra che, secondo le stime dei promotori, dovrebbe lievitare ulteriormente, raggiungendo quota 15mila firme in virtù della recente adesione al progetto da parte dei responsabili dei punti vendita Despar. Numeri che, secondo i “nemici” della legge 29, dimostrano quanto i triestini apprezzino le aperture festive, considerate un servizio importante e una grande comodità.

L’allarme

Secondo gli imprenditori, però, il successo della petizione testimonia anche la consapevolezza dei rischi occupazionali ai quali il tetto delle 29 domeniche espone la città. Perché gli incassi domenicali, spiegano gli addetti ai lavori, equivalgono al 30% dei guadagni dell’intera settimana. Perderli, quindi, significa andare incontro a pesantissimi cali di fatturato. Quanto pesanti? «Almeno un milione all’anno tra supermercati e Brico», nel caso del gruppo Bosco, mentre per le Torri d’Europa, spiega il direttore Angelo Larocca, «a fine 2011, se non ci saranno cambiamenti, la flessione rispetto al 2009 sarà di oltre 10 milioni di euro».

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TRIESTE. Sono rimasti in silenzio per mesi, dando quasi l’impressione di avere alzato bandiera bianca. In realtà, lontani dai riflettori, i “nemici” della legge regionale 29 - la norma sul commercio che ha introdotto rigorosi paletti per le aperture domenicali e festive - stavano solo perfezionando l’offensiva finale. Una strategia su più fronti che, nelle intenzioni degli imprenditori della grande distribuzione, dovrebbe dare la spallata definitiva al tetto delle chiusure obbligatorie, costringendo la Regione a fare dietro front.

Ricorso al Tar

La prima battaglia verrà giocata nelle aule del tribunale amministrativo. Mercoledì approderà infatti davanti al Tar il ricorso presentato dalla Società consortile Torri d’Europa per conto delle decine di negozi presenti nel centro commerciale di via D’Alviano, che punta ad ottenere la sospensione e l’annullamento degli obblighi imposti dalla legge 29. Una mossa che chiama in causa innanzitutto il Comune e la Direzione dell’Area commercio, estensori materiali della richiesta di comunicazione del calendario delle aperture festive che, in base alla norma, supermercati e grandi magazzini sopra i 400 metri quadri fuori dai centri storici sono obbligati a presentare. Quella comunicazione, secondo la società, poggia su presupposti illegittimi e discriminatori che violano la libertà d’impresa e calpestano i principi di uguaglianza presenti nella Costituzione e nella legislazione europea. Pertanto, secondo i ricorrenti, va annullata al pari «degli atti presupposti, coordinati o comunque connessi». Espressione che chiarisce come il cuore del ricorso, quindi, non sia tanto la procedura obbligata seguita dagli uffici municipali, quanto ciò che le sta a monte.

Risarcimento da 15 milioni

Vero bersaglio dell’azione legale avviata dalle Torri, infatti, non è l’amministrazione municipale che ha unicamente applicato gli articoli di legge, bensì la giunta Tondo che quella legge l’ha voluta e firmata causando così, secondo i vertici delle Torri, ingenti perdite di fatturato ai negozianti costretti a rinunciare agli incassi dominicali. E visto quindi che la Regione è considerata la vera responsabile del problema, è a quest’ultimo ente che viene presentato ora il conto: la richiesta di un maxi risarcimento danni da 15 milioni di euro.

Consiglio di Stato e Consulta

E se il Tar decidesse di bloccare il ricorso? Poco male, il piano di riserva è già delineato. «Abbiamo deciso di percorrere tutte le strade praticabili - spiega il presidente della società consortile Alberto Miani -. Siamo pronti a ricorrere in appello davanti al Consiglio di Stato e abbiamo anche già sollecitato il Tar a portare la questione davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte di giustizia europea. Ci batteremo quindi in ogni sede pur di veder riconosciuto il nostro diritto a lavorare incomprensibilmente violato da una legge ingiusta e di cui davvero non capiamo il senso».

Raccolta firme

L’offensiva però, come detto, è stata strutturata in modo da aggredire il problema da prospettive diverse. Oltre alla battaglia legale, quindi, è stata portata avanti un’attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sfociata nella campagna “Firma anche tu per tenere i negozi aperti la domenica”. Un’iniziativa che ha visto impegnati, oltre ai vertici delle Torri, anche i titolari dei supermercati Bosco, Zazzeron, Brico, riusciti a raccogliere in poco più di una settimana quasi 11mila sottoscrizioni. Cifra che, secondo le stime dei promotori, dovrebbe lievitare ulteriormente, raggiungendo quota 15mila firme in virtù della recente adesione al progetto da parte dei responsabili dei punti vendita Despar. Numeri che, secondo i “nemici” della legge 29, dimostrano quanto i triestini apprezzino le aperture festive, considerate un servizio importante e una grande comodità.

L’allarme

Secondo gli imprenditori, però, il successo della petizione testimonia anche la consapevolezza dei rischi occupazionali ai quali il tetto delle 29 domeniche espone la città. Perché gli incassi domenicali, spiegano gli addetti ai lavori, equivalgono al 30% dei guadagni dell’intera settimana. Perderli, quindi, significa andare incontro a pesantissimi cali di fatturato. Quanto pesanti? «Almeno un milione all’anno tra supermercati e Brico», nel caso del gruppo Bosco, mentre per le Torri d’Europa, spiega il direttore Angelo Larocca, «a fine 2011, se non ci saranno cambiamenti, la flessione rispetto al 2009 sarà di oltre 10 milioni di euro».

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