Chiusa la Tipografia Alabarda, stop alle stampe dopo 56 anni

L’attività era nata come costola della Parisi, che ora ha rilevato le apparecchiature Gli storici macchinari restano in viale Miramare. L’ipotesi del “museo” privato
Silvano Trieste 2020-02-03 Francesco Parisi, i vecchi macchinari della tipografia
Silvano Trieste 2020-02-03 Francesco Parisi, i vecchi macchinari della tipografia

TRIESTE. Con un passato in alcuni casi anche centenario, hanno funzionato più o meno fino a un mese fa. Ora continueranno a rimanere lì, dove sono sempre stati: da viale Miramare 5 non si sposteranno. Stiamo parlando dei vecchi macchinari della Tipografia Alabarda, nata in capo alla casa di spedizioni Francesco Parisi, poi divenuta indipendente e chiusa alla fine del 2019 per cessata attività.

Flavio Donati, 63 anni, e i suoi fratelli, gli ultimi proprietari, sono andati in pensione dopo 40 anni di attività, 56 se si contano gli anni trascorsi lì dentro dal loro padre Etrusco, quando nel 1963 rilevò con altri soci la tipografia proprio dalla Parisi. La casa di spedizioni oggi, attraverso una donazione dei Donati, è rientrata in possesso di tutte le macchine.

«L’idea è quella di mantenere qui le apparecchiature – spiega Daniele Cecconi, responsabile delle Risorse umane del Gruppo Parisi – per conservare la memoria dello storico laboratorio». Dalla macchina tipografica alla taglierina austriaca, sono tanti i modelli che raccontano la storia della stampa tipografica e litografica, superata in parte poi da quella digitale, e che saranno conservati nello stesso locale dove sono stati in funzione per decenni. Potrebbero rientrare in un’esposizione privata, da visitare in particolari occasioni: questo si mormora sia il progetto dell’azienda, che, però, non si sbilancia ancora.

All’interno del negozio, che fino a due mesi fa ospitava la Tipografia Alabarda, si trovano vari pezzi da collezione, tra cui compare l’Intrepida. «È il nome dell’apparecchiatura nata nella prima metà del Novecento – spiega Flavio Donati – che, come si legge ancora sull’etichetta, era stata realizzata dalla fabbrica Mussano & Sisto di Torino».

Seguiva la tecnica della stampa tipografica attraverso la quale venivano utilizzati i caratteri mobili di piombo, ancora gelosamente conservati nelle loro cassettiere dei primi del Novecento. Sui piccoli prismi metallici i compositori, figure scomparse ormai trent’anni fa, disponevano in serie le parole allineate a rovescio. Poi, grazie alla lastra metallica e quindi alla forma di pagina già predefinita, si passava alla stampa. «Si facevano mille, duemila copie all’ora», sottolinea Donati.

C’è poi la Heidelberg Stella (primi del Novecento), anch’essa utilizzata per la stampa tipografica («ultimamente – spiega il tipografo – la usavamo solo per imprimere il rilievo per i biglietti da visita e poco altro»), per arrivare fino alla macchina più contemporanea, quella che utilizza la lastra fotografata e il rullo in gomma.

Nei primi tempi di attività della famiglia Donati era sempre stato Parisi il primo cliente dell’Alabarda, per cui si producevano stampati commerciali, biglietti da visita con lo storico simbolo della famiglia – una caravella in mezzo al mare –, block notes e via dicendo. Con la diminuzione delle commissioni da parte di Parisi e a causa dell’avvento della tecnologia, i Donati avevano pensato di trasferire il negozio da un’altra parte. Ma con la presenza di altri clienti – come Serravallo, Area di ricerca, Sissa, Comune, Regione, l’ex provincia e altri – la sede, alla fine, è sempre rimasta in viale Miramare.

«Lottando e adattandoci al lavoro – conclude Giulio Donati, 62 anni, fratello di Flavio – siamo comunque riusciti ad andare avanti e siamo rimasti lì. La concorrenza ultimamente non era tanta perché rispetto ad anni fa era presente la metà di tipografie. Il problema consisteva nel fatto che il lavoro era diminuito». 

 

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