La Astrel di Mossa cessa l’attività: licenziati 30 lavoratori

In Confindustria gli ultimi dipendenti rimasti dell’azienda elettromeccanica hanno sottoscritto la conciliazione a fronte di un incentivo

Laura Borsani
L’impianto della Astrel di via Isonzo a Mossa
L’impianto della Astrel di via Isonzo a Mossa

Sancita la cessata attività per la Astrel di Mossa, industria elettromeccanica che progetta e produce controlli elettronici, attraverso le conciliazioni da parte dei 30 lavoratori rimasti nel sito, di cui almeno due terzi donne. Martedì 25 febbraio, infatti, nella sede di Confindustria Alto Adriatico, s’è dato seguito alle sottoscrizioni comportando la rinuncia da parte dei dipendenti all’impugnazione del licenziamento, a fronte del riconoscimento di un incentivo. Alla riunione, svoltasi in mattinata, assieme ai lavoratori erano presenti Paolo Colaussi, in qualità di conciliatore designato da Confindustria a nome dell’azienda, Andrea Boschi, in rappresentanza della società in liquidazione, e i sindacati con i segretari di Fiom Cgil Gorizia, Michele Orlandini, e Fim Cisl Trieste-Gorizia, Alessandro Contino.

Le conciliazioni

Le conciliazioni hanno rappresentato l’approdo finale di un percorso contrassegnato dal ricorso agli ammortizzatori sociali a partire dall’ottobre 2023 quando era stato applicato il contratto di solidarietà, seguito dalla Cigs a fine marzo 2024 «per cessata attività», coinvolgendo allora 42 lavoratori. L’azienda aveva rappresentato la forte difficoltà economica e finanziaria, legata alla situazione generale del mercato di riferimento. E ora, dunque, le conciliazioni, comprendendo anche l’unità produttiva di San Vendemiano (Treviso) con 13 dipendenti. I trenta lavoratori sono per lo più residenti nell’Isontino, l’età media è a scavalco dei 50 anni, con un’esperienza professionale in Astrel almeno ventennale, fino ad oltre 35 anni.

Amarezza per i lavoratori

Orlandini e Contino hanno espresso profonda amarezza per il destino al quale sono andati incontro i lavoratori. «Martedì sono state consegnate le rispettive lettere di licenziamento alle lavoratrici e ai lavoratori di Astrel, a far data dal 28 febbraio (domani, ndr). All’atto della firma il liquidatore Boschi ha riconosciuto un incentivo, implicando quindi la rinuncia all’impugnazione del licenziamento. Nell’ultimo anno e mezzo un’azienda che sembrava aver superato quelli che erano stati i momenti bui, anche in epoca Covid, si è ritrovata vittima di una situazione di mercato o di scelte aziendali, che in pochissimo tempo hanno portato alla decisione della chiusura dello stabilimento. A fronte di un evento drammatico come quello che hanno vissuto i lavoratori, ci si interroga su cosa a livello economico, amministrativo e politico si sarebbe potuto fare per scongiurare questa deriva. È chiaro che i normali paracadute non sono più sufficienti e sono solo funzionali a tamponare tutte queste situazioni».

La riflessione dei sindacati

I due segretari di Fiom Cgil e Fim Cisl, consegnano una riflessione: «A nostro avviso, manca completamente una rete che sia in grado di rilanciare le attività prima che chiudano. Nel caso specifico, gli sforzi sindacali, di Confindustria e degli uffici preposti della Regione hanno avuto quale unico effetto quello di ritardare una crisi poi culminata nella perdita del posto di lavoro. Riteniamo necessario rivedere la politica industriale in termini proattivi, ma anche il coordinamento tra servizio pubblico e imprenditoria privata, affinché si possa intervenire con più efficacia evitando che i cittadini e lavoratori si trasformino in numeri di disoccupati difficilmente ricollocabili. È sempre più evidente che gli ammortizzatori sociali non possono sostenere le necessità delle persone, ma anche della stessa società. Il territorio isontino è già stato provato da gravi crisi industriali e Astrel non è che l’ultimo caso - concludono -. Resta il rammarico e la rabbia delle persone che per oltre 30 anni hanno prestato il loro servizio e ora si trovano davanti ad una situazione oltremodo difficile in termini di prospettive di lavoro e pure ancora lontani dalla quiescenza».

 

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