Chioschi di giornali, giù tre serrande su 10
TRIESTE All’inizio del 2014 le edicole a chiosco attive a Trieste erano 40. Oggi si sono ridotte a 27. Alcune di queste strutture sono rimaste chiuse, con le serrande abbassate, altre invece - come stabilito dal Comune di Trieste due anni e mezzo fa con la liberalizzazione che ha consentito di vendere nelle edicole a chiosco altri tipi di prodotti - si sono trasformate in rivendite di tipo completamente diverso. Al posto delle edicole sono spuntate rivendite di fiori, di frutta e verdura, di patatine fritte o dei veri e propri bazar.
Il dibattito Una nuova vita per questi manufatti che in taluni casi fa discutere. Ciò accade ad esempio per l’ex edicola di piazza Sant’Antonio diventata prima un negozio di fiori e poi un vero bazar destinato alla vendita di abbigliamento e accessori ma pure di birra grazie ad un frigo sistemato vicino al chiosco. Quella rivendita ora è al centro di un’interrogazione presentata nei giorni scorsi dai consiglieri comunali Michele Babuder, Piero Camber e Alberto Polacco, tutti e tre eletti con Forza Italia. Resistono invece tra le altre le due edicole a chiosco di via Carducci, le tre di via Battisti, due in piazza Goldoni, una a fianco della Stazione Ferroviaria e un’altra in Largo Barriera. La più grande della provincia resta quella di Campo San Giacomo. Operative ancora anche le edicole a chiosco di via Schiapparelli, di via Flavia o quelle di Borgo San Sergio e di Campo Marzio.
L’analisi «Le edicole soffrono la concorrenza di internet e per questo tipo di rivendite esclusive, quelle a chiosco, è ancora più difficile sopravvivere», sostiene Davide Del Cielo, segretario provinciale del Sinagi, il sindacato che rappresenta i giornalai e i tabaccai. «Lo spazio limitato a disposizione non consente di vendere molti altri articoli - spiega - e oggi se un’edicola non propone mille altri prodotti come i tabacchi o i prodotti Lottomatica, è difficile resistere sul mercato». Le edicole sistemate nei normali fori commerciali vivono le stesse difficoltà. Sopravvivono ampliando la tipologia di merce venduta. I siti online di compravendite ospitano parecchi annunci che propongono questa o quell’edicola a chiosco soggette anche loro al pagamento di Imu, Tasi e Tari e alla tassa di occupazione del suolo pubblico.
Il nodo chiusura «Il fatto è che nel momento in cui una di queste edicole chiude - spiegano dal Sinagi - se il proprietario non trova un acquirente o chi vi subentri, è costretto a pagare le tasse o a far rimuovere e poi demolire il chiosco affrontando costi sostenuti». E quando una di queste edicole chiude, oggi è destinata a non riaprire più. A meno che non la rilevi chi intende vendere tutt’altro tipo di merce. «Perché vendendo giornali ormai si guadagna pochissimo», spiega Alberto Nassimbeni, titolare della grande edicola in Campo San Giacomo che da anni ha deciso di specializzarsi vendendo anche riviste di nicchia e quotidiani e settimanali da tutto il mondo. «Da un lato - continua l’edicolante - siamo stati stritolati dalla possibilità di accedere alle notizie su internet ma pure dalle vendite degli abbonamenti dei quotidiani online». Oltre al fatto che gli stessi editori, soprattutto di settimanali, hanno ridotto notevolmente il costo di copertina delle riviste «perché puntano al guadagno delle inserzioni pubblicitarie - spiega Nassimbeni - e il nostro guadagno diverta irrisorio».
Serrande giù Restano abbassate, ad esempio, le serrande dell’edicola sul canale di Ponterosso all’altezza di via Roma, di quella di piazza Perugino, o in piazza Garibaldi, piazza della Repubblica, piazza della Borsa oppure ancora in via della Raffineria.
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