Chi era Bruno Marson, il goriziano caduto nel gemonese che amava la montagna e lo sport

L'uomo deceduto sul monte Chiampon aveva giocato nella Pro Gorizia. La moglie è ricoverata a Udine, ancora in stato di choc

«Era un papà con la “p” maiuscola. Era anche un nonno insostituibile, unico, la vera colonna della nostra famiglia. Non riusciamo ancora darci una spiegazione dell’accaduto ma già ci manca moltissimo».

Isabella è figlia di Bruno Marson, il 73enne goriziano, morto in seguito a una rovinosa caduta sul monte Chiampon, sopra Gemona. Ferita lievemente pure la moglie, scivolata poco prima: Marson stava correndo a valle a chiedere aiuto quando, forse preso dalla foga, è scivolato. Isabella trattiene a stento le lacrime, è comprensibilmente provata, ha un groppo in gola. Ma vuole ricordare quello che è stato suo padre.

«I miei genitori sono sempre stati appassionati di montagna. Adoravano camminare, stare all’aria aperta, partecipavano anche a marce, erano sempre in movimento. Alla domenica era davvero difficile trovarli a casa».

Goriziano muore in un incidente in montagna sopra Gemona

Sabato, la madre - attraverso un sms - l’ha immediatamente avvisata della sua caduta. «E mi ha detto che non mi dovevo preoccupare. Stava bene. Ma, poi, la tragica scoperta. Papà non c’è più. Era un pilastro, era un pilastro».

Bruno Marson era stato dipendente comunale, aveva lavorato nel settore ambientale. Viveva da alcuni anni ormai a Lucinico. «Ma papà era stato soprattutto uno sportivo, un calciatore. Aveva vestito le casacche della Pro Gorizia, del Sovodnje, della Juventina e aveva effettuato anche dei provini con squadre e società di maggior spessore».

Oltre a Isabella, Marson lascia altri due figli (Sabrina e Fabio) oltre agli adoratissimi nipoti Giulia, Matteo, Marco.

Ieri mattina, la figlia ha voluto fare visita alla madre ricoverata all’ospedale di Udine e ancora in evidente stato di choc. «Ha rimediato diverse fratture alle costole e tante escoriazioni. Non sta benissimo ma recupererà. È un momento durissimo. È in stato confusionale, le staremo vicini», sottolinea con un filo di voce Isabella.

Le date dei funerali non sono state ancora fissate. «Forse - conclude la figlia - si procederà anche ad un’autopsia ma, di questo, al momento non ci sono conferme. È domenica e bisognerà aspettare le prossime ore per avere un quadro più chiaro. Se ne va un punto di riferimento, una colonna per la nostra famiglia».

La dinamica. Stando a quanto riportato dagli uomini del Soccorso alpino saliti sul posto a piedi, la moglie di Marson (si tratta di Liliana Nardin, di 69 anni) era stata la prima a scivolare per alcuni metri. Aveva battuto la testa, ferendosi lievemente. Aveva subito avvisato la figlia al telefono, rassicurandola e rassicurando contestualmente anche il marito. Nel frattempo questi - secondo la ricostruzione - aveva iniziato a scendere verso Forcella Foredor, duecento metri più sotto, per andare a chiamare aiuto ma era scivolato a sua volta, all’insaputa della moglie, compiendo una caduta più importante.

Probabilmente la foga, forse la volontà di farsi aiutare e soccorrere nel più breve tempo possibile la moglie, l’aveva portato a commettere qualche errore, anche se la dinamica è ancora oggetto di approfondimento. La donna era stata “geolocalizzata” con l’aiuto del centralino del 118, che l’ha invitata a chiamare dal suo cellulare il 112.

Liliana Nardin, a quel punto, aveva rassicurato gli operatori sul fatto che non c’erano feriti gravi. Era, infatti, completamente ignara della caduta del marito e della sua tragica sorte.

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