Cessione di quote di Hera nel piano B anticrisi del Comune
di Piero Rauber
Il bancomat per pagare le opere pubbliche, tanto quelle già programmate quanto le eventuali manutenzioni straordinarie improvvise, lui ce l’avrebbe anche. Il fatto è che lo Stato e di riflesso la Regione non gli danno la password. Ma se non gliela renderanno entro Natale, se i lacciuoli del Patto di stabilità non si scioglieranno politicamente, Roberto Cosolini annuncia fin d’ora il “Piano B”, non più politico ma pratico: arrivato a quel punto, se il bancomat sarà ancora bloccato, non gli resterà alternativa al “Compro oro”.
Il sindaco porterà infatti al mercato qualche gioiello di proprietà del Comune - e qui non esclude addirittura il sacrificio di una quindicina di milioni di quote Hera fuori dal patto di sindacato - contando di poterci realizzare il gruzzolo giusto. Giusto per cantierare, e saldare (!), gli interventi per lui meritevoli più di altri (per vari motivi, tra cui la necessità di non perdere quote di cofinanziamento regionali, statali e/o comunitarie) di non restare in ghiaccio a tempo indeterminato. I lavori indifferibili nel Cosolini-pensiero sono quattro. Uno: il recupero di Ponterosso, con relativo allungo delle pedonalizzazioni per via Trento. Due: il cosiddetto “Piano città”, che prevede tra le altre cose le riqualificazioni delle caserme Duca delle Puglie e Beleno (Museo de Henriquez e Archivio comunale). Tre: la messa a frutto dei quasi sei milioni di fondi Pisus nel nome della sostenibilità urbana, fra i quali i 500mila euro per i pannelli solari sul tetto del Salone degli incanti. Quattro: «una serie di lavori nei rioni e nei borghi», se è vero che due anni fa Cosolini s’è costruito parte della vittoria elettorale anche sulla promessa di rivitalizzare le periferie.
Il sindaco, insomma, è chiaro, a tratti drastico, nel giorno in cui viene a galla la notizia che al Comune sono rimasti in cassa non più di 150mila euro per opere nuove e/o manutenzioni straordinarie improvvise e che, in parallelo, mancano 23 milioni (su 50) per onorare cantieri già lanciati nel 2012 con tanto di copertura finanziaria.
«È bene - mette le mani avanti Cosolini - che i cittadini siano a conoscenza di questa situazione assurda che mortifica i comuni sani come il nostro, che non possono pagare pur avendo i soldi per farlo, in base a quello che ormai molti sindaci chiamano Patto di stupidità». Una misura nata con l’intento lodevole di dare un taglio all’indebitamento degli enti, osserva il sindaco, oggi in effetti «impedisce di migliorare i servizi alla cittadinanza e di pagare le imprese che, di conseguenza, non pagano Iva e tasse varie destinate a finanziare i servizi stessi, e licenziano dipendenti, che finiscono così in cassa integrazione diventando a loro volta un costo sociale. Un meccanismo che tutto è fuorché virtuoso».
Un mostro burocratico che rischia di trasformare i sindaci in «becchini del proprio territorio», per dirla sempre alla Cosolini. Il quale si augura ovviamente «che l’impegno della Regione a rinegoziare il Patto di stabilità anche davanti allo Stato conduca a un allentamento dei suoi vincoli». Ma se così non fosse, «entro fine 2013», come detto, il sindaco ha in testa il “Piano B”. «Non sono disposto - romba il primo cittadino - a rinunciare ad alcune opere, che ritengo necessarie e che prevedono quote di finanziamento extra bilancio, da Ponterosso al “Piano città” per le caserme, dal Pisus alle periferie. Quindi, qualora dovesse essere necessario, bloccando il Patto di stabilità le uscite in conto capitale (in investimenti, ndr), la soluzione passa necessariamente per un aumento delle entrate in conto capitale, che possono derivare a questo punto solo dalle alienazioni del patrimonio». Cosolini punta dritto su «Campo Marzio», potenziale cespite tra i 15 e i 20 milioni da mettere sul mercato per una destinazione mista (residenziale, turistica, culturale, di servizio, parcheggi compresi) non appena sarà definita la transazione-quadro col Demanio su caserme e quant’altro, dato che il Comune è proprietario del 70% dell’area mentre il resto è appunto nelle disponibilità demaniali.
Occhio però: «Patrimonio qui - puntualizza sempre il sindaco - è inteso non solo come immobiliare, ma anche come finanziario. Abbiamo in effetti una quota di azioni “libere” di Hera, che non rientrano cioè in quelle vincolate dal patto di sindacato tra soci municipali per il controllo pubblico della società, e che valgono una quindicina di milioni di euro. È un’extrema ratio, perché incassi subito ma rinunci a futuri dividendi, e quindi già metti in preventivo che i bilanci comunali a venire avranno entrate inferiori alle voci finanziarie. Ma a mali estremi...».
@PierRaub
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