Cesare Battisti è libero e brinda. Ma si lavora per estradarlo
RIO DE JANEIRO. Si affievoliscono le speranze dell’Italia di riavere subito Cesare Battisti, anche se il governo brasiliano – riferiscono alcuni media locali – continua a lavorare sulla strada dell’estradizione. L’ex terrorista – dopo tre giorni passati dietro le sbarre in Brasile, per un presunto tentativo di fuga oltre confine – ieri è potuto tornare alla sua casa sul lungomare di San Paolo grazie al provvedimento di libertà provvisoria concessogli la notte scorsa dal giudice d’appello, José Marcos Lunardelli. Il giudice togato ha accolto la richiesta di “habeas corpus”avanzata dagli avvocati di Battisti, che mercoledì scorso era stato arrestato a Corumbà, città del Mato Grosso do Sul al confine con la Bolivia, per sospetto traffico di valuta e riciclaggio. In base alla sentenza, Battisti non potrà lasciare la zona in cui è residente senza autorizzazione previa della giustizia e dovrà presentarsi ogni mese in tribunale.
Nel motivare la sua decisione, Lunardelli ha sottolineato che non esistono prove di traffico di valuta, né di riciclaggio, reati per i quali l’italiano era stato incarcerato, e che il suo arresto ha rappresentato una «limitazione illegale della libertà di movimento». Uscito di prigione, Battisti è subito partito dall’aeroporto internazionale di Campo Grande in direzione di San Paolo. Prima di imbarcarsi sul volo, l’ex dei Proletari armati per il comunismo (Pac) si è fermato al bar dello scalo, cercando di confondersi tra gli altri passeggeri. Secondo quanto testimoniato dai giornalisti presenti, Battisti – vestito con una maglietta rossa sotto una giacca nera – era di buon umore, ha sorriso varie volte, letto il giornale e bevuto diversi bicchieri di birra. Poi, con gesto ironico, ha fatto un brindisi in direzione dei fotografi.
Mentre Battisti si riunisce con i suoi legali per elaborare nuove strategie di difesa, membri del governo di Michel Temer sostengono che i reati da lui commessi alla frontiera con la Bolivia possano rafforzare le motivazioni giuridiche per la sua estradizione in Italia. Una possibilità – scrive il quotidiano Estado de S. Paulo – è che Temer annulli l’asilo politico concesso all’ex terrorista nel 2010 dall’ex presidente, Luiz Inacio Lula da Silva. Ma prima di fare questa mossa il governo attende l’elaborazione di un parere giuridico da parte del suo superdicastero, la Casa Civile. Il “rompicapo” Battisti nel frattempo ha appesantito il clima anche a Roma: il senatore di FI, Maurizio Gasparri, ha suggerito il ritiro dell’ambasciatore d’Italia in Brasile, mentre il senatore della Lega, Roberto Calderoli, ha dichiarato che la scarcerazione rappresenta «l’ennesima presa per il culo» delle autorità brasiliane a quelle italiane. Dura anche la leader di Fdi, Giorgia Meloni, per la quale si è trattato dell’«ennesimo schiaffo alle famiglie e alla giustizia italiana». La liberazione di Battisti però «non incide sull’iter di estradizione», secondo il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Maria Ferri, e anche l’ex capo dell’antiterrorismo di Milano, Ferdinando Pomarici, ha definito «ragionevole» la trattativa in corso tra Italia e Brasile per l’estradizione dell’ex terrorista.
La vita di Cesare Battisti è segnata dalle fughe in mezzo mondo dopo attentati, condanne all'ergastolo per diversi omicidi e carcere. Nato nel 1954 a Sermoneta (Latina), Battisti all'inizio degli anni '70 abbandona la scuola, iniziando una carriera criminale fatta di rapine, furti e sequestri di persona. Nel '76 si trasferisce al nord e partecipa alla fondazione dei Pac, Proletari armati per il comunismo, formazione nata nell'area dell'autonomia alla periferia di Milano. Nel 1979 viene arrestato a Milano e condannato a 13 anni e 5 mesi per l'omicidio del gioielliere Pierluigi Torreggiani. Nel 1981 evade dal carcere di Frosinone. Nel 1985 viene condannato in contumacia all'ergastolo, sentenza confermata dalla Cassazione, per vari reati, tra i quali quattro omicidi. Ma nel frattempo Battisti è fuggito, prima a Parigi, poi in Messico. Oltralpe viene arrestato ma la Francia nega l'estradizione e lui torna in libertà. Fugge in Brasile nel 2004 e nel 2007 viene arrestato a Rio de Janeiro. Due anni dopo il governo del presidente Lula gli concede lo status di rifugiato politico.
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