Cerani campione di golf dopo il crac
TRIESTE
Barba rasata approssimativamente, capelli lunghi, jeans sdruciti e un giaccone blu, di traverso sulle spalle.
Pierpaolo Cerani ieri ha sostato a lungo nell’atrio del palazzo di Giustizia mentre avvocati e magistrati discutevano del futuro della “Diaco spa” nell’adiacente studio del presidente del Tribunale civile Giovanni Sansone. Fallimento, moratoria di due settimane, commissariamento giudiziale. Lui Cerani, il vero leader dell’azienda farmaceutica in profonda crisi, sapeva di non poter partecipare all’udienza perché nella “Diaco spa“ non riveste alcuna carica esecutiva.
Si è fatto comunque vedere dentro e fuori il palazzo e tutti hanno notato una certa metamorfosi avvenuta nei giorni scorsi. Il look di Pierpalo Cerani ieri non era più quello del manager sicuro e dell’imprenditore rampante, sfoggiato tante volte nei appuntamenti in Tribunale. In qualche modo ciò che indossava ieri lo assimilava ai suoi cento operai che con il fallimento dei “Laboratori Biomedicali Diaco ”, hanno perso all’inizio di ottobre il posto di lavoro.
«La Diaco è alla frutta e anche Trieste è nella stessa situazione» ha detto Cerani a voce alta. Poi si è guardato attorno e ha visto che più d’uno aveva girato il capo verso di lui e le sue parole. Ha sorriso debolmente sapendo di essere stato sentito.
Ben diverso era l’umore di Pierpaolo Cerani domenica a Padriciano. Lì sul “green” del Golf Club Trieste, ha conquistato tra le 18 buche il titolo di Campione triestino di seconda categoria. Nelle ore precedenti aveva scelto accuratamente i “legni“ e i “ferri”, aveva atteso che il vento si placasse e mentre gli altri golfisti lo osservano interessati, aveva colpito con precisione la pallina bianca. Diciotto buche, cinque chilometri e 810 metri, par 70.
«Cerani è diventato campione triestino, ha vinto a Padriciano» ha affermato, insinuante, un giornalista. Il leader della “Diaco” non ha risposto: dalla sua bocca non è uscita una sola sillaba riferibile al “green”, alle 18 buche al fatto di potersi fregiare del titolo di Campione triestino di seconda categoria. Anzi, Cerani ha subito cambiato discorso, sostenendo che le ormai ferme catene di produzione dello stabilimento di via Flavia “sono le più potenti d’Europa per i piccoli volumi”. In questo modo ha suggerito che non avrebbero dovuto essere fermate perché esistevano ancora prospettive per il rilancio dei Laboratori.
Poi ha spiegato che il periodo “nero” del suo gruppo farmaceutico, «è iniziato nel momento in cui ho cambiato casa. Da via Commerciale mi sono trasferito nel castelletto che fu prima dell’ingegner Francesco Faccanoni e poi di Quirino Cardarelli. Quella casa porta una sfortuna terribile: avrei dovuto capirlo dalla storia di chi l’ha abitata prima di me. Ho voluto sfidare la sorte e ora sono qui a penare. Il salvataggio della “Diaco spa” è legato a un filo. Siamo alla frutta, Trieste è alla frutta».
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