Centro missionario ad Adjudeni da 26 anni Sostenuta l’adozione di 159 chierici rumeni

la storia
Era il lontano mese di luglio del 1992 quando un sacerdote rumeno, che studiava a Roma e che giornalmente si recava alla Casa generale delle Suore della Provvidenza per celebrare la messa, aveva proposta per la prima volta di esaminare la possibilità di aprire un loro centro di attività pastorale in Romania. La madre generale aveva esaminato a fondo la questione aderendo poi positivamente all’iniziativa.
Per affrontare i primi compiti operativi, venivano incaricate due suore che si sentivano fortemente convinte nel dare un sostanziale aiuto alla chiesa di quel paese che guardava al futuro con speranza e fiducia. Era appena caduto il regime di Ceausescu. Il centro avrebbe dovuto sorgere nella cittadina di Adjudeni situata al nord della Romania, poco distante dal confine tra la Moldavia e l’Ucraina. Le consorelle che per prime avrebbero dovuto recarsi in quel paese, erano suor Rosetta, infermiera, e suor Michelina, maestra della scuola d’infanzia. Il centro doveva installarsi nella diocesi di Iasi, poco distante da Adjudeni, articolandosi nella costruzione di una scuola d’infanzia e di un grande centro di attività giovanile. Nel frattempo, le due suore alloggiavano nella canonica di Adjudeni per poi trasferirsi definitivamente nella nuova struttura non appena terminati i lavori.
In questo contesto, don Giuseppe Baldas, direttore del Centro Missionario Diocesano, aveva dettagliatamente informato l’allora arcivescovo di Gorizia, monsignor Antonio Vitale Bommarco, sul nuovo progetto ed era stato fortemente incoraggiato nell’intraprendere questa nuova esperienza missionaria in Romania. Tre mesi dopo l’incontro col presule, don Baldas si recava in quel paese per prendere visione dello stato dei lavori e per avere un primo contatto con il vescovo e le autorità religiose della diocesi di Iasi. Facendo tesoro della lunga esperienza accumulata in tanti anni di instancabile lavoro svolto nella missione africana, don Baldas aveva recepito immediatamente che i lavori procedevano a ritmo serrato, dal momento che tutta la popolazione della città stava contribuendo alacremente alla realizzazione dell’opera. Un aiuto sincero, appassionato e spontaneo aveva accomunato tutti i residenti, che si sentivano moralmente impegnati nel raggiungere questa meta che avrebbe fatto tanto del bene per la gioventù del luogo e del circondario. Circa un anno dopo i lavori venivano ultimati e don Giuseppe aveva ricevuto l’incarico di rappresentare l’arcivescovo Bommarco alla cerimonia di inaugurazione ed alla benedizione della struttura. Una grande festa che aveva coinvolto tutta la popolazione della città.
Qualche mese dopo, alcuni chierici rumeni che studiavano per diventare sacerdoti venivano ospitati, nel periodo estivo, in alcune parrocchie della nostra diocesi per dare una mano e contemporaneamente fare un po’ di esperienza pastorale. Il risultato è stato estremamente positivo. In questi 26 anni di feconda collaborazione, la diocesi di Gorizia ha sostenuto, tramite le adozioni, ben 159 chierici rumeni nel loro percorso di studio. Resterà memorabile la festa per la prima consacrazione di due chierici rumeni nella città di Roman alla quale aveva partecipato, assieme a don Giuseppe, l’arcivescovo Dino De Antoni. Attualmente sono dieci le adozioni ad opera delle nostre famiglie.
Ma la collaborazione tra le due comunità, quella rumena e quella della diocesi goriziana, si sta contrassegnando anche con forti azioni di solidarietà. In particolare, il gruppo di volontari di Cormons “Leon bianco”, che da sempre lavora con il Centro Missionario Diocesano, invia ad Adjudeni ogni tre o quattro mesi un tir carico di prodotti alimentari e di abbigliamento per le persone più bisognose; il camion viene accolto con riconoscente ringraziamento ed entusiasmo dai residenti di quella città. —
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