Centro commerciale a Gorizia, è un coro di “no”
TRIESTE Un coro di no. Dalla Confcommercio a Legambiente, dal Movimento Cinque Stelle al comitato cittadino “Go Possibile”. Il progetto del centro commerciale di via Terza Armata, “rispolverato” dall’amministrazione comunale, incontra tanta contrarietà. Come si ricorderà, nei giorni scorsi, era intervenuto l’assessore comunale all’Urbanistica, Guido Germano Pettarin. «Quello del centro commerciale di via Terza Armata - furono le sue parole - non è affatto un progetto morto e sepolto: è rimasto vivo perché si è trasformato nel rispetto di un mercato che si sta evolvendo e sta cambiando in maniera repentina. Era impensabile una struttura gestita con i vecchi canoni: un unico proprietario che poi affitta gli spazi commerciali. Ora, è stata data la possibilità di coinvolgere più imprenditori che saranno anche proprietari immobiliari delle attività. In pratica, gli spazi verranno frazionati e, in questa maniera, saranno frazionati anche gli investimenti e i rischi».
Apriti cielo. Le reazioni sono tutte di chiusura netta. Il presidente di Confcommercio Gorizia Gianluca Madriz è sibillino. «Chiunque si sia messo in testa di realizzare un centro commerciale a Gorizia, credo abbia valutato male l’impatto. Non faccio valutazioni nè entro nel merito ma è tutto il commercio a soffrire pesantemente in questo periodo storico: piccoli negozi ma anche grande distribuzione. Se c’è qualcuno che pensa di concretizzare questa operazione, evidentemente non ha fatto una lettura reale della situazione commerciale cittadina. I dati regionali e provinciali dicono che non c’è soltanto sofferenza ma difficoltà a... sopravvivere. Credo che un centro commerciale non serva e rischi di non stare in piedi».
Un “no” a tutto tondo anche da Legambiente. Rammenta che corrisponde a 8 metri quadrati la superficie di aree agricole che, ogni secondo, viene coperta di cemento in Italia per far spazio a case, centri commerciali e strade. Il centro commerciale di via Terza Armata (da 30 ettari) è nel Piano regolatore da ben 15 anni, ma se ne parla addirittura dalla fine degli anni 90 ma non è mai stato realizzato. «Pensare di procedere alla sua costruzione, anche se per lotti, è ormai anacronistico. I dati dicono che il mercato è già saturo soprattutto a fronte dell’alta concentrazione di spazi commerciali nel goriziano (Ikea, Supernova, Qlandia, Emisfero, possibile recupero dell’Ipercoop di Gradisca). Il centro commerciale con quelle dimensioni sarà quasi con certezza un altare al consumo di suolo».
Su questo tema Legambiente ha avuto modo a più riprese di ribadire che in città ci sono importanti spazi che attendono di essere convertiti/riqualificati. «Riteniamo pertanto che l’area commerciale di via Terza Armata vada doverosamente stralciata dal Piano regolatore perché, se dopo 15 anni non si è fatto nulla, vuol dire che non è fattibile. Chiediamo agli amministratori di fare una seria riflessione su quante aree libere effettivamente sfruttabili (ovvero di pianura) restano a Gorizia, in quanto le aree urbanizzate da sole occupano quasi la metà della superficie comunale, i boschi il 24% e il resto sono zone rurali. Vogliamo continuare a cementificare all’infinito quel che resta? Questo sarà sicuramente un tema con cui dovranno confrontarsi i prossimi candidati sindaco. Inoltre a settembre partirà la campagna europea “People for soil” sostenuta dalle principali organizzazioni ambientaliste e dove mediante una petizione si chiederà all’Ue di dotarsi di una direttiva per l’azzeramento del consumo di suolo».
Sull’argomento era intervenuto nei giorni scorsi anche Go Possibile, comitato cittadino di “Possibile”, secondo il quale occorre, piuttosto, «ripensare l’assetto urbanistico di Gorizia partendo dalla considerazione che la rivitalizzazione della città, la creazione di nuovi e dignitosi posti di lavoro, la necessità di salvaguardare il territorio dalla cementificazione, da una parte, e, dall’altra, la socialità delle persone, l’esigenza di salvaguardare e migliorare l’ambiente e la salute delle persone sono obiettivi incompatibili con il commercio della grande distribuzione».
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