Centrale unica del 118 in Fvg, l’Azienda di coordinamento per la salute si schiera: «È il modello migliore»
TRIESTE L’Azienda di coordinamento si schiera per il mantenimento della centrale unica del 118. Il vicepresidente Riccardo Riccardi spiega d’alreonde che gli standard statali consentono al Friuli Venezia Giulia di avere al massimo due sale operative. Trieste e Gorizia da sole non sono in grado di raggiungere un bacino da 600 mila abitanti: difficile immaginare il ritorno a un 118 triestino, anche se l’esponente della giunta Fedriga sottolinea che ancora nessuna decisione è presa.
La commissione Salute ha ascoltato ieri la relazione del direttore Giuseppe Tonutti che, dopo il passaggio all’Azienda di Pordenone, continua a rappresentare l’Arcs nella dibattuta questione del riassetto del sistema 112-118 in regione. Tonutti non lascia molti spazi sullo spacchettamento della centrale unica: «Non andremmo a migliorare, il servizio peggiorerebbe e ci sarebbero chiamate in attesa per tempi importanti. Andare su tre centrali non rispetterebbe gli standard nazionali» sul bacino di residenti. Tonutti aggiunge che, nei due incontri convocati da Arcs con gli operatori, «sindacati e professionisti hanno espresso all’unanimità che il sistema deve essere unico». Sul tema le sigle hanno in realtà posizioni differenziate, mentre tra i professionisti prevale il favore per la centrale unica.
La decisione non sarà assunta ora, ma «entro fine legislatura», dice Riccardi, ulteriormente la scadenza per varare il nuovo Piano emergenza urgenza, uno dei cui nodi principali è appunto l’organizzazione della Sores. Il vicepresidente sottolinea che ancora nulla è deciso: «Il lavoro fatto dall’Arcs su sollecitazione del Consiglio regionale ha espresso una serie di considerazioni senza giungere a delle conclusioni».
Riccardi invita a rispettare le competenze dei tecnici e a non fare del 118 una questione di campanile, evidenziando che la reale priorità è porre sotto una sola gestione l’intera catena di comando dell’emergenza sanitaria, che oggi è frammentata tra la Sores che gestisce la centrale e le singole Aziende sanitaria che controllano personale e mezzi di soccorso. Al di là del numero di centrali che verrà scelto, «nell’ambito degli incontri con i rappresentanti di medici e infermieri – dice Riccardi – ha trovato consenso prevalente la proposta di far diventare il sistema dell’emergenza un unico soggetto terzo». Si profila l’accentramento sotto l’Arcs, ma tutto dipenderà dal parere dei professionisti, «che hanno riconosciuto all’Amministrazione come per la prima volta sia stato garantito un coinvolgimento sul tema».
La commissione è occupata in buona parte dalla presentazione dell’analisi costi benefici delle soluzioni basate su una, due, tre o quattro centrali. Tonutti evidenzia che buona parte delle Regioni rispetta lo standard statale di centrali rivolte ad almeno 600 mila residenti e rimarca che «in Emilia Romagna stanno ragionando di ridurle da tre a due, mentre in Lombardia hanno quattro centrali con dieci milioni di abitanti». La relazione del dg è tesa di fatto a sostenere la soluzione della centrale unica: «Con quattro centrali mancava un applicativo informatico unico, i mezzi di soccorso non erano coordinati e la frammentazione comporta inoltre un inevitabile allungamento dei tempi di risposta e sistematici ritardi negli interventi nei comuni al confine fra un territorio di competenza e l’altro. Se vogliamo avere un sistema omogeneo dobbiamo fare una sola centrale».
Tonutti spiega che con una singola centrale basteranno 41 operatori, contro i 50 di due centrali, i 66 di tre e gli 85 di quattro strutture: «Parliamo di infermieri che non troviamo sul mercato e, con il tetto alla spesa del personale, significherebbe spostare queste risorse da altri reparti».
Non c’è il formale sostegno alla centrale unica, ma il favore per tale soluzione è chiaro, a patto che si modifichi quello che Tonutti definisce come l’unico errore della riforma attuata sul 118 nella scorsa legislatura: «La riforma precedente ha mancato laddove ha messo il personale della centrale unica in un ente e quello del soccorso dall’altro. Il problema va affrontato». Il vicepresidente ribadisce: «L’errore di fondo non è stato realizzare una singola struttura, ma non aver garantito una corretta catena che governi la situazione della chiamata al soccorso».
Sulla centrale unica Riccardi concorda, ma deve usare prudenza («non sono innamorato di una, due o tre centrali ma del modello più efficace»), per non irritare chi, come Fdi, chiede nella maggioranza il ritorno alle centrali territoriali. Nel corso della discussione il vicepresidente si richiama al fatto che «lo Stato ci dice che possiamo fare una o due centrali, visto che il decreto ministeriale parla di 600 mila abitanti minimo». L’insoddisfazione è soprattutto triestina e l’esponente della giunta lascia intendere che in Porto vecchio potrebbe finire non soltanto l’attuale sistema dei mezzi e degli operatori locali del 118, ma pure quella centrale backup che per Riccardi «non è possibile avere fuori regione, com’è oggi».
Riproduzione riservata © Il Piccolo