Centrale idrodinamica in azione

Un rumore sordo, quello di una macchina in lento movimento, capace di riportare la Centrale idrodinamica del Porto Vecchio indietro nel tempo, a quando i suoi motori erano in grado di far muovere un centinaio di gru da banchina e una cinquantina di montacarichi interni ai magazzini portuali. Ad azionarli nuovamente, dopo quasi trent’anni di riposo forzato, sono stati Alice e Francesco, i figli di Marino Quaiat, il responsabile dell’azienda che ha seguito il restauro di questi colossi di ghisa e acciaio. L’iniziativa, che ha visto la partecipazione del commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino, si è svolta a margine della conclusione del progetto Trieste-Praga, promosso e organizzato da Italia Nostra, con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia e la collaborazione di numerosi partner. Un percorso che ha unito la città di Trieste alla capitale boema e che ha permesso di innescare relazioni e confronti utili allo sviluppo economico e culturale di questo territorio. Concerti, conferenze tematiche e mostre hanno creato occasioni di reciproca conoscenza, portando alla luce un patrimonio storico portuale e ferroviario che lega le due città. Al Museo nazionale della tecnica di Praga rimarrà esposta fino al gennaio 2016 una mostra illustrativa dell’impianto idrodinamico che è stato appena restaurato e che per quasi un secolo ha rappresentato il cuore pulsante di quello che oggi chiamiamo Porto Vecchio. Proprio i 600mila metri quadri del vecchio scalo giuliano sono finiti sotto i riflettori del finissage di Italia Nostra. Lo stesso D’Agostino, nell’aprire i lavori conclusivi dell’evento, ha ammesso di essersi innamorato di quest’area, «ricchissima di bellezza, in grado di dare gioia e al contempo rammarico», per tutte le occasioni di riutilizzo fin qui sprecate. Un auspicio, quello di una restituzione alla città, che è stato rilanciato anche da Antonella Caroli, la curatrice scientifica del progetto Trieste-Praga, che ha annunciato il raggiungimento di un accordo fra Italia Nostra e l’Autorità portuale, che permetterà di ampliare le giornate di visita alla Centrale idrodinamica. L'attenzione dei presenti è stata catturata da quelle stesse macchine, per anni dormienti, che rappresentano dei veri e propri gioielli di archeologia industriale, costruiti nel 1891 dall’azienda Breitfeld-Danek di Praga. Dei mostri alti quattro metri, capaci di pompare acqua dolce proveniente dall’acquedotto di Aurisina e di pressurizzarla fino a raggiungere le 54 atmosfere, necessarie per movimentare i diversi macchinari del porto. Macchine che fino al 1939 venivano alimentate a carbone, attraverso delle caldaie che, raro esempio di conservazione, risultano ancora in perfette condizioni. Adesso agli enormi pistoni e volani di acciaio e ghisa non rimane che attrarre i turisti.
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