Centrale A2A di Monfalcone, il monito dei sindacati: «In fumo 200 posti di lavoro se chiude»
MONFALCONE Non sono a rischio solo i 100 dipendenti diretti se chiude la centrale A2A di Monfalcone, i posti che potrebbero essere perduti sono 200. Cento delle maestranze occupate direttamente e altrettante delle ditte appaltatrici che lavorano nei servizi all’impianto. A ricordarlo in un duro comunicato le segreterie dei sindacati di categoria, Filctem-Cgil, Cisl Reti, Uiltec che criticano il Consiglio comunale di Monfalcone per il «voto nella direzione sbagliata» e perché «votando a larga maggioranza quell’ordine del giorno di fatto si prospetta la fine del polo energetico a Monfalcone chiedendo la chiusura della centrale».
E a ribadire la questione dei 200 occupati non sono solo i sindacati, ma lo stesso assessore regionale alle Attività produttive, Sergio Emidio Bini, che proprio la scorsa settimana ha avuto un incontro con i sindacati: «Noi abbiamo una priorità che è quella di salvaguardare i posti di lavoro che soprattutto in questo momento sono importanti. La Regione non può far finta di non ascoltare questo grido di dolore per questi 200 posti- ripete lo stesso Bini -. Senza contare che c’è la disponibilità di un’azienda come A2A di investire ingenti capitali, 4-500 milioni, per un revamping della centrale di Monfalcone che rientra nel piano green della Ue visto che si parla di gas e di idrogeno. Quindi da parte nostra c’è il massimo interesse per un progetto industriale che porta investimenti, occupazione e miglioramento ambientale con il passaggio dal carbone al gas e all’idrogeno. Una cosa buona e giusta». E mentre da A2A non arriva alcun commento dopo il voto negativo dell’aula, un silenzio scelto per evitare contrapposizioni o polemiche, le organizzazioni sindacali vanno giù pesanti. «Chiediamo alle forze politiche locali di smetterla di giocare sulla pelle dei lavoratori - avvertono Filctem-Cgil, Cisl-Reti e Uiltec - di entrare nel merito del tema transizione e di non continuare a passare il cerino da un’istituzione all’altra ricordando che il nostro è ancora un Paese manifatturiero con processi industriali energivori, chiamato velocemente ad attuare impegni sull’uscita dal carbone». E come è stato ribadito di recente anche da Cgil, Cisl e Uil «posizioni come quelle espresse e votate in Consiglio comunale hanno come unico risultato finale la fuga degli investimenti condannando i territori coinvolti a un lento e inesorabile declino».
Ma ci sono altri punti che i sindacati contestano al Consiglio smentendo alcune affermazioni. Prima fra tutte quella sugli occupati previsti dalla centrale riconvertita. Cento occupati e non i trenta valutati per far funzionare l’impianto. «L’accordo di programma che abbiamo firmato il 12 maggio del 2020 con la proprietà e i sindacati confederali - spiegano - consente la gestione del transitorio e il mantenimento dei livelli occupazionali declinando questi obiettivi con il progetto di trasformazione». La stessa A2A più volte ha specificato che oltre al lavoro sull’impianto sono previste tutta una serie di attività collaterali per garantire un centinaio di posti di lavoro diretti.
C’è poi la posizione della Regione che, come ribadito lo dall’assessore Bini, è a favore. Lo scorso autunno a Trieste alla presenza del ministro, Stefano Patuanelli gli amministratori di A2A Renato Mazzoncini e quello della Snam, Marco Alverà, hanno firmato un memorandum su un progetto di sperimentazione con l’utilizzo dell’idrogeno. Si parla di favorire la transizione energetica in Fvg e della creazione di un polo di ricerca e sviluppo sull’idrogeno, il coinvolgimento del sistema scientifico regionale e la crescita di una filiera legata all’idrogeno. Un memorandum che ha ricevuto un plauso dallo stesso governatore del Fvg, Massimiliano Fedriga. «E quella posizione espressa dal Consiglio comunale - accusano i sindacati - è in netta contraddizione con quanto ci ha dichiarato pochi giorni fa l’assessore Bini». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo