Centrale a biomasse di Opicina Consegnati al sindaco 2300 “no”
È una centrale a biomasse, ma la chiamano “ecomostro”. E a un ecomostro non si riserva un comitato di benvenuto. No, si spedisce a casa e tanti saluti. A Opicina ci stanno provando con una raccolta firme che nel giro di una decina di giorni ha toccato quota 2.306 adesioni, già consegnate al sindaco di Trieste Cosolini. Cos'è che fa paura? L'impianto dovrebbe sorgere nell'area delle ex Officine Laboranti; si tratta di un progetto presentato in Regione dalla società Investimenti industriali Triestini, con sede a Roma: 50 milioni di euro d'investimento che darebbero lavoro a un centinaio di persone. 36 i megawatt di potenza per due camini da 35 metri e una quarantina di serbatoi di olio combustibile. La società ha già avviato le procedure di Valutazione di impatto ambientale (Via). La centrale è a emissioni zero: brucia olio di palma prodotto in una piantagione della Costa d'Avorio. Non esattamente dietro l'angolo. Ecco il problema: il trasporto annulla l'effetto ecologico. «Le firme che abbiamo raccolto - spiegano la consigliera provinciale Maria Monteleone e la consigliera circoscrizionale Valentina Baldas, entrambe del Pd e promotrici della mobilitazione– dimostrano che la preoccupazione dei cittadini sulle conseguenze per la salute e per l'ambiente è alta. Noi chiediamo di evitare ogni speculazione del Carso. Il progetto – insistono – sostiene che la produzione e il consumo di CO2 sono in equilibrio, ma non si considera quanta anidride carbonica viene emessa nel trasporto via mare e via terra». Una protesta a cui si sono associati la Slovenska Skupnost, i Comitati genitori delle scuole di Opicina e Banne, oltre che l'Associazione per la difesa di Opicina. «Nessun partito – osservano Monteleone e Baldas – avrebbe potuto ottenere questo risultato in pochi giorni senza un grande coinvolgimento della popolazione. La partecipazione è stata attiva e ciascuno si è fatto personalmente promotore dell''iniziativa». Anche perché «nessuno ha verificato se il territorio ha bisogno di tale energia e ciò avviene in mancanza di un piano». Il documento, che in 15 punti snocciola tutte «le ambiguità di un progetto sproporzionato e dannoso», sarà consegnato al presidente della Regione Tondo, al presidente del Consiglio regionale Franz e alla presidente della Provincia Poropat. L'assessore all'Ambiente Laureni non nasconde le sue perplessità: «Una scelta energetica richiede una certa prossimità dalla materia prima, altrimenti si inquina. E qui – afferma – siamo a 6 mila chilometri di distanza. L'insediamento è alquanto discutibile. In più Trieste lotta per mettere sul mercato le aree produttive del sito inquinato, che sarebbe il luogo più appropriato, anziché una zona pregiata come il Carso».
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