«Centomila afghani accampati nei boschi della Serbia puntano verso l’Ue»

Il prefetto di Gorizia, Zappalorto: «Nei boschi da settimane. Ma il muro dell’Ungheria non serve a nulla». La porta di Tarvisio

GORIZIA. Il muro alto quattro metri e lungo 175 chilometri lungo la linea di frontiera tra Ungheria e Serbia non basterà ad arginare i circa centomila profughi, per lo più afghani, che sarebbero accampati nei boschi della Serbia.

Un imponente esercito di disperati pronto a penetrare nel cuore della Ue attraverso il Tarvisiano.

Non è un allarme ma la fotografia della realtà quella proposta dal prefetto di Gorizia Vittorio Zappalorto, che dal primo agosto sarà a capo della Prefettura di Udine. Funzionario esperto di immigrazione, Zappalorto invita a prendere consapevolezza di quanto sta accadendo: «In questo momento ci sono almeno centomila afghani accampati da settimane nei boschi della Serbia, non lontano dal confine con l’Ungheria. Il governo serbo ha sotto controllo la situazione ma è chiaro che non può garantire il totale contenimento di queste persone. Inoltre, se altri profughi, com’è probabile, dovessero aggiungersi, sarebbe impossibile contenerli tutti».

La mappa dell’esodo da Afghanistan, Pakistan, Siria e altri Paesi del Medio Oriente prevede che sia l’Ungheria l’accesso privilegiato. Di qui al confine con l’Austria il passo è breve. E la porta di Tarvisio ecco che si conferma una sorta di Lampedusa delle montagne.

Si ritiene che la conclusione del periodo di Ramadam possa scatenare una nuova, massiccia ondata di arrivi. Infatti, sabato scorso, verso le sette, sono stati rintracciati 49 migranti irregolari, afghani e pachistani, dalle forze dell'ordine impegnate nei servizi di controllo del Tarvisiano, a ridosso del confine con l'Austria. I migranti erano stati scaricati dai passeur che li aveva accompagnati oltre il confine. Polizia di frontiera e carabinieri ne hanno trovati complessivamente 34. Altri sette sono stati rintracciati a Chiusaforte e accompagnati in commissariato a Tolmezzo. Gli ultimi otto vagavano nella zona della stazione di Tarvisio, e sono stati trovati dalla Polfer.

«Il muro che sta costruendo l’Ungheria non serve a nulla - ritiene Zappalorto - Non è con un muro che si contiene la determinazione di un popolo di migrare. Servono le politiche adatte e adatti provvedimenti. La storia ci dovrebbe insegnare pure qualcosa».

Il muro sta creando attriti tra le autorità serbe e ungheresi, intanto i profughi premono.

Zappalorto pur non direttamente quando parla di «adatti provvedimenti» pare voglia riferirsi ai recenti scontri suscitati in svariate località italiane a causa della sistemazione di profughi in palazzine a contatto con residenti italiani. A Treviso lo scontro più clamoroso. «Da parte nostra abbiamo un vantaggio - sostiene Zappalorto - ovvero il senso di responsabilità dimostrato dalla Regione che si è caricata sulle spalle la responsabilità di provare a gestire i flussi migratori. In altre regioni invece i governatori hanno addirittura diffidato prefetti e sindaci a prestare la prima accoglienza. Do atto all’assessore Torrenti di essersi speso con impegno in questa delicatissima partita».

Friuli Venezia Giulia dunque di nuovo frontiera dunque, forse ancora più estrema rispetto ai tempi della “cortina di ferro”.

E Gorizia pare essere l’emblema di questa interminabile emergenza, in conseguenza della presenza nel territorio provinciale sia del Cara di Gradisca (che oggi ospita 255 profughi) che della sede della Commissione territoriale per il rilascio dell’asilo politico, unica del Friuli Venezia Giulia.

Commissione che, come ha rilevato Zappalorto, procede «con estrema lentezza nell’esame delle pratiche. Quattro-cinque al giorno appena, quando con un’organizzazione più efficace si potrebbero licenziare una ventina».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo