Cento Premi Nobel a favore dei prodotti Ogm

Duro scontro tra gli scienziati e l'associazione ambientalista Greenpeace, accusata di impedire l'utilizzo del Golden rice, un tipo di riso modificato che contiene la vitamina A e salverebbe la vita a milioni di persone in Africa e Sudest asiatico

Si è improvvisamente acceso il dibattito peraltro annoso sui cibi modificati geneticamente. Più di 100 Premi Nobel - e il numero cresce di giorno in giorno - hanno firmato una lettera dai toni indiscutibilmente agguerriti per sostenere non soltanto l'innocuità dell'agricoltura transgenica, ma anche la necessità di ricorrervi quale soluzione per i problemi dell'alimentazione sul pianeta. Il gruppo comprende circa un terzo dei Premi Nobel viventi, di cui oltre 40 vincitori del premio per la Medicina.

L'attacco veemente ha un obiettivo specifico: la posizione di Greenpeace sugli Ogm e, in particolare, sul cosiddetto Golden rice (riso dorato), di cui l'organizzazione viene accusata di impedire l'utilizzo in Africa e nel Sudest asiatico.

Il Golden rice è un riso modificato geneticamente una ventina di anni fa per consentire alla pianta di produrre la vitamina A, necessaria per prevenire cecità e morte nei bambini dei Paesi in via di sviluppo. L'Oms stima che 250 milioni di persone soffrono della carenza di questa vitamina, inclusi il 40% dei bambini sotto in 5 anni. Secondo l'Unicef, 1-2 milioni di morti dovute al malfunzionamento del sistema immunitario sarebbe prevenibile con la supplementazione di vitamina A. La cecità colpisce invece 250-500mila bambini ogni anno, di cui metà muoiono entro 12 mesi dopo aver perso la vista.

 

 

I toni dell'accusa a Greenpeace sono senza mezze misure: «Quante persone povere in tutto il mondo devono morire prima che la campagna di Greenpeace contro il Golden rice venga considerata un crimine contro l'umanità?».

Più pacata, ma obiettivamente meno incisiva la reazione di Greenpeace, che con un comunicato stampa da Manila, nelle Filippine, fa sapere come ritenga che il Golden rice «abbia fallito nel generare i risultati promessi» e che invece i problemi della malnutrizione sul pianeta siano risolvibili con «una dieta più equilibrata e un accesso equo alle risorse alimentari» e mediante «un'agricoltura più rispettosa dell'ambiente».

Al di là di dove stia il torto e dove la ragione, è probabile che questa contrapposizione tra scienza e società non porti da nessuna parte, accentuando soltanto posizioni emotive. Come ebbe a dire Dan Glickman, Segretario per l'Agricoltura del governo degli Stati Uniti, «tutto il bene che la tecnologia può offrire, diventa inutile se questa non viene accettata». Ma la società non accetterà facilmente gli Ogm in virtù di statistiche o argomenti razionali, come quelli peraltro sostenuti dalla comunità scientifica, ma soltanto se ne verrà conquistata la fiducia istintiva, toccandone delicatamente le corde emozionali.

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