Cementificio, nuovi dubbi sulle polveri sottili
Illy: «La delibera non c’è». Potrebbe slittare anche oltre il termine del 2 giugno
TRIESTE
«La delibera non c’è». Riccardo Illy, ai giornalisti delle agenzie che lo incalzano sul cementificio di Torviscosa alla vigilia del confronto politico in aula, concede quattro parole. O poco più. Ma in Regione si spingono oltre e spiegano che quella delibera sempre più «calda» non solo non c’è, ma nemmeno deve arrivare entro una data prefissata. Non c’è una scadenza perentoria da rispettare, insomma: e quindi il presidente - chiamato a pronunciare assieme alla giunta il sì o il no decisivi all’impianto di calcestruzzo, clinker e cemento - può prendersi il tempo necessario. Il tempo, aggiungono ancora in via Carducci, per attendere i pareri autentici già richiesti all’Azienda sanitaria e all’Arpa.
E per completare gli approfondimenti tecnici e legali sui dubbi vecchi e nuovi emersi durante e dopo la procedura di valutazione d’impatto ambientale. I Verdi non sono d’accordo, nemmeno sui tempi. E bocciano il possibile slittamento: «La legge impone alla giunta di decidere entro 30 giorni dal parere di Via e quindi tassativamente entro il 2 giugno. In caso contrario, a fronte del silenzio della politica, l’impresa è legittimata a ricorrere al Tar e ha tutte le carte in regola per vincere» afferma, deciso, Sandro Metz. Ma gli uffici non concordano e, a chi li interpella, spiegano che quei 30 giorni sono un termine ordinatorio ma non perentorio, in quanto il solo atto che l’impresa può eventualmente impugnare è proprio la delibera. Ed è evidente, concludono, che la giunta - se ha bisogno di un supplemento di istruttoria prima di esprimersi - lo può e lo deve fare. Purché lo motivi. I dubbi, d’altronde, non mancano. E non riguardano solo i «verdetti» che proprio gli uffici stanno attendendo dall’Azienda sanitaria della Bassa e dell’Arpa sul fronte delle ricadute per la salute e per l’ecosistema.
In Regione, tra i banchi di Intesa democratica, confidano anzi che molti dubbi già emersi durante la procedura di Via e le audizioni consiliari vengono ripresi da Edo Ronchi, l’ex ministro all’Ambiente che oggi siede al Senato, artefice di un autorevole «consulto» sull’impianto di Torviscosa. Aggiungono, in maggioranza, che l’ex ministro artefice di molteplici studi sullo sviluppo ecosostenibile ha fornito una serie di osservazioni che, già all’esame di Illy e degli uffici, confermano l’utilità dell’approfondimento. Ma qual è il contributo di Ronchi? In Regione sostengono che il senatore, in passato uno dei fondatori dei Verdi arcobaleno, ordinerebbe una serie di questioni e fornirebbe una serie di spunti. A partire dalle polveri sottili (Pm10) e dall’ozono: due indicatori della qualità dell’aria che, ritenuti decisivi per valutare le ricadute sulla salute, non sarebbero stati tenuti adeguatamente in considerazione.
Di sicuro, da tempo, Verdi e comitati per il «No al cementificio» sostengono che le garanzie fornite su polveri sottili e ozono non sono sufficienti, nonostante il parere favorevole di Via: «Quello che diciamo - spiega Metz - è che i dati presi in esame, peraltro già non rassicuranti, riguardano la situazione attuale ma non tengono conto della centrale a turbogas da poco entrata a regime e nemmeno del cementificio che, da solo, scaricherebbe in atmosfera 90 tonnellate di polveri all’anno. Com’è possibile? Perché nessuno ipotizza che succederà alla qualità dell’aria della Bassa con la centrale a turbogas, il cementificio e magari la vetreria e il termovalorizzatore in funzione? Perché nessuno immagina le eventuali misure di contenimento da assumere?». I numeri attuali, incalza Metz, lo impongono: «Prendiamo le polveri sottili.
Tra gennaio e febbraio ci sono stati 23 sforamenti accertati dall’Arpa che diventano 29 tenendo conto dei giorni in cui la centralina era rotta. Passiamo all’ozono. Già oggi a Torviscosa si registrano 51 sforamenti nel 2005 e 48 nel 2006. Non dimentichiamo che la normativa europea prevede d’innalzare gli attuali limiti di legge nel 2010, recependo le indicazioni dell’Oms, ai fini della protezione della salute. Perché mai, di tutto questo, la procedura di Via non tiene conto? Perché mai si limita a fornire prescrizioni insufficienti in un’area già gravemente compromessa e oggetto di contenimento?». Interrogativi, tanti interrogativi che - confermano, adesso, in Regione - Ronchi non sottovaluterebbe.
Come non ignorerebbe il rischio di rilascio di sostanze tossiche, rischio evidenziato dai vigili del fuoco, in una zona dove opera la Caffaro. Né trascurerebbe le carenze di una procedura che, per dirla con l’ex dirigente regionale Franco Musi, non suggerisce nemmeno un sito alternativo per il cementificio e, per dirla ancora con i Verdi, non dà «garanzie sufficienti» neppure sulla bonifica dell’area. Senza dimenticare, infine, il passaggio successivo sul cementificio. Quello ministeriale cui compete l’autorizzazione integrativa ambientale sempre che la giunta, alla fine dell’approfondimento, dica sì.
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