C'è vita a Trieste - "Quei giorni duri di blocco fisico e mentale che hanno scatenato la mia creatività"

C'è vita a Trieste, nonostante le restrizioni imposte dalle norme per contenere la diffusione del coronavirus, che stanno cambiando la vita di tutti noi. Ecco chi ha voluto raccontare la propria esperienza, il proprio quotidiano della quarantena nelle giornate da "zona rossa". QUI TUTTE LE ALTRE PAGINE DEL DIARIO 

GIORNO 56 - 4 MAGGIO

Questo lockdown ha creato un fermo fisico, ma anche mentale in molti di noi. La chiusura mi ha fatto però anche produrre una quarantena illustrata e una gran varietà di pietanze creative; ora so fare pasta a mano e direi che me la cavo piuttosto bene.

L'inizio della quarantena è stato tosto perché tornavo da un viaggio straordinario dal Messico, la mia terra d'origine, dove ero stata in famiglia durante le feste natalizie, giorni di sole e mi portavo dietro uno spirito molto rilassato, poi trovai una Venezia grigia, un aeroporto zeppo di paramedici e un termometro dritto sulla fronte, non capivo. Arrivata a casa, ho compreso che il virus si era sparso e che bisognava cambiare abitudini. Mi sono accorta che le mascherine che avevo preso dall'altra parte del mondo alla fine sarebbero servite. Si è passati dalla normalità a un blocco totale, decreti, confusione, paura, alti e bassi. Nel mio vissuto personale, c'è stato un contrasto enorme, ma inizialmente partecipai pure ai flash mob in cui si ballava o cantava dai balconi, ho solo cantato l'inno e poi appena sentì i dati dei decessi, provai un senso di colpa e non riuscivo più a combinare nulla, né a scrivere né a mangiare in orari normali; si è sbalzato tutto, si era fatto pesante. In un certo momento, é stato strano diventare una sorta di consulente o informatrice, amici e parenti messicani cominciarono a chiedermi racconti, consigli, indicazioni, quant'altro, perché arrivavano notizie preoccupanti dall'Italia e non volevano trovarsi impreparati. Non sopportavo gli inutili scontri tra le forze politiche che creavano un'ulteriore clima critico così come quelli tra gli specialisti infettivologi.

Di tutto il ventaglio di dichiarazioni, ho dato e do molto credito a Massimo Galli dell'ospedale Sacco di Milano, l'unico ad allarmare del virus e le condizioni in cui lavoravano sia medici che infermieri. Seguivo, per formazione o deformazione professionale, tutte le conferenze stampa, i protocolli, i numeri, i probabili vaccini, poi ho smesso di dare ascolto quotidiano all'evolversi della pandemia e mi allontanai preferendo la visione di film a me cari. In quelli dialoghi con se stessi, comunque mi spinsi, anche se con molta fatica, a fare cose produttive: organizzazioni degli spazi a casa, a buttare quel che non serviva più, e a disfare le valigie che erano rimaste lì chiuse con profumi e prodotti di oltre oceano e tant'altro.

Ma soprattutto mi accorsi che cominciai a essere lenta e stanca senza capire il perché, e studiando la situazione vidì che occupavo molto del tempo a pulire, pulire tutto, pulire in continuazione, pulire insistentemente, prima con l'amuchina, e una volta non trovata al supermercato, con un preparato fatto con acqua e oli essenziali di timo ed eucalipto. Ho voluto pure leggere e scrivere, ma nulla, mi veniva più di usare le mani creando immagini illustrate che ritraevano le mie giornate e fotogrando il cibo che facevo con nuance diverse, accostato a dei vini che avevo accumulato durante i miei giri per l'Italia e in un certo modo, così viaggiavo, andai attraverso i gusti a Genova, in Puglia, in Toscana.

Sulla mia occupazione, neanche parlare, le mie collaborazioni scritte o radiofoniche sono proprio ferme e sarà molto dura ripartire o rivedere la vecchia o la nuova strada da intraprendere; la cultura poi non è tra le questioni nodali. Quel che ho notato, quel che abbraccio con forza è il fatto che anche in questi momenti bui, surreali, la mia creatività è rimasta invariata e accesa, che non ho lasciato mai da parte quella relazione stretta, quella importante a me, ricerca e costruzione del bello"

Blanca Estela Rodriguez

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