C'è vita a Trieste - "Oggi il cuore è triste, ma ne usciremo con l'anima più grande"
GIORNO 20 - 30 MARZO
Ieri una cara amica di Cremona mi ha mandato un video della nostra scuola di musica. Mostrava un centinaio o più di ragazzi festanti , pantaloni neri e camicia bianca, ognuno col proprio strumento musicale in mano, camminare per un sentiero dentro un bosco fino ad una grande radura. Arrivati la’ si sono messi in cerchio, un grande cerchio, al centro del quale stava il loro insegnante che li dirigeva. Hanno suonato l’aria ‘ Nessun dorma ‘ dalla Turandot di Puccini. È stato commovente. Bravissimi ! Bastava chiudere gli occhi e vedere il nostro Lucianone cantare in modo possente fino al "Vincerò". Ma non era questo ciò che mi ha colpito veramente. Non l’avrei mai notato fino a un mese fa. Subito ho pensato: “Così non va, così non va proprio!“ . Era l’assembramento dei ragazzi che si muovevano lungo il sentiero e poi nella radura che mi ha letteralmente spaventata. Come può cambiare tutto in brevissimo tempo, come la percezione di una massa di persone , come un qualcosa di molto pericoloso. Una volta sola sono uscita in tutto il mese di marzo e, cavolo, la casa sta diventando sempre più un guscio protettivo. I miei figli continuano a dirci : “Mi raccomando , non uscite! “ E ridendo, ripetono: “ Siete anziani, state in casa ! “ E NOI CONTINUIAMO A STARE A CASA !!!!!!
Cesarina Gigni
Oggi il mio cuore è triste. Cuoricino si ritrova ai minimi termini, e non vede l'ora che questa brutta storia abbia termine. Invece sarà ancora piuttosto lunga. Con scarsi risultati cerco di sollevarle l'animo. Ho da poco appreso che il Grande Morbo è penetrato in Casa Emmaus. È l'istituto che a Trieste accoglie la più parte dei malati di Alzheimer della nostra città, e con il quale io ho un rapporto affettivo particolare. Fino ad un mese fa, assieme a Lilly, andavamo a fare degli incontri di pet-therapy con le persone ospitate, che durante quell'ora trascorsa insieme ci comunicavano alla loro maniera la gioia di vivere in questo mondo. Conosco i loro nomi, i loro volti, i loro sorrisi. Il mio pensiero si estende a tutto il personale, gli infermieri in primo luogo, i medici, gli animatori, i cuochi, tutto il personale addetto alle pulizie, sin da subito costretto ad indossare le bianche tute spaziali, così imperanti di questi tempi, decisamente inquietanti, per poter continuare a svolgere il loro preziosissimo e professionale lavoro. Chissà per quanto tempo... Dentro il mio cuore rattristato si apre uno spiraglio di speranza. Di certo questo drammatico periodo è destinato a finire. E sulle cicatrici che avrà lasciato in tutti noi ne usciranno delle anime più grandi. Più povere forse, ma più grandi.
Alessandro Paronuzzi
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